venerdì 28 dicembre 2012

Che cosa è la civiltà


L'uso del termine civiltà richiede un approfondimento. Secondo le ipotesi degli archeologi e degli storici la civiltà implica un'organizzazione politica e religiosa di tipo gerarchico, un'economia bellica, una stratificazione sociale e una divisione complessa del lavoro.

Questo modello è infatti tipico delle società androcratiche (dominate dall'uomo) come quella indoeuropea, ma non si applica alle culture ginocentriche (centrate intorno alla donna e alla madre) descritte in questo libro. La civiltà fiorita nell'antica Europa fra il 6500 a.C. e il 3500 a.C., e a Creta fino al 1450 a.C., ha goduto di un lungo periodo pacifico senza interruzioni, dimostrando di poter garantire una qualità della vita superiore a molte società androcratiche e classiste.

Io contesto la tesi che la civiltà si associ esclusivamente a società guerriere androcratiche.

Il principio su cui si fonda ogni civiltà si trova al livello della sua creatività artistica, nei suoi progressi estetici, nella produzione di valori non materiali e nella garanzia della libertà individuale che rendono significativa e piacevole la vita di tutti i cittadini, nel quadro di un equilibrio di potere equamente ripartito tra i sessi. Il Neolitico europeo non è stato un tempo "prima della civiltà" (per riecheggiare il titolo di un'opera sull'età del rame e sul Neolitico di cui è autore Colin Renfrew: Before Civilization, Cambridge University Press 1973 [edizione italiana: L'Europa della preistoria, Laterza 1996, ndt]). È stato invece una vera e propria civiltà nella migliore accezione del termine. Nel Quinto millennio a.C. e al principio del Quarto, poco prima della fine di questa civiltà nell'Europa centro-orientale, gli antichi europei vantavano città con notevoli concentrazioni demografiche, templi alti diversi piani, una scrittura sacra, case spaziose di quattro o cinque stanze, ceramisti professionali, tessitori, metallurgisti specializzati nella lavorazione dell'oro e del rame e artigiani che producevano un'ampia gamma di beni sofisticati. Esisteva una rete fiorente di vie commerciali su cui transitavano merci come ossidiana, conchiglie, marmo, rame e sale percorrendo migliaia di chilometri.

Tutto questo non è spuntato fuori ex nihilo. A due passi da qui, nella città di Çatal Hüyük in Anatolia, sorgeva una moltitudine di templi decorati con dipinti murari di straordinaria varietà e raffinatezza che precedono di un migliaio di anni l'architettura, la pittura parietale, la scultura e la raffinata arte ceramica apparsi poi in Europa. Prima di Çatal Hüyük ci sono stati tre millenni di transizione evolutiva verso l'agricoltura e una civiltà con uno stile di vita di tipo stanziale. L'ampia varietà del simbolismo religioso fiorito in Anatolia centrale e nell'antica Europa è parte integrante di un'evoluzione ininterrotta avviata ai tempi del Paleolitico superiore.

Considerare l'economia di guerra un fattore connaturato alla condizione umana è un'ipotesi priva di fondamento. La belligeranza diffusa e la costruzione di siti fortificati sono state effettivamente il pane quotidiano della maggioranza dei nostri antenati diretti a partire dall'età del Bronzo fino ai giorni nostri. Tuttavia, nel Paleolitico e nel Neolitico la situazione era ben diversa. Non esistono rappresentazioni di armi (usate contro gli esseri umani) nei dipinti delle caverne paleolitiche, né vi sono resti di strumenti bellici usati dagli uomini per colpire loro simili nel Neolitico dell'antica Europa. Dei circa centocinquanta dipinti sopravvissuti a Çatal Hüyük non ve n'è uno che rappresenti una scena di conflitto o di lotta, né di guerra o di tortura.

I siti dei villaggi dell'antica Europa non si distinguono per posizione difensiva, ma sono scelti per adeguata collocazione, disponibilità idrica, qualità del terreno e possibilità di pascolo per gli animali. Gli arroccamenti in altura in luoghi inaccessibili sono sconosciuti all'antica Europa, così come pugnali, lance e alabarde. I villaggi neolitici sono talvolta circondati da fossi, ma raramente da palizzate o mura di contenimento in pietra. Bastioni in muratura e altre strutture difensive appaiono soltanto nei siti del tardo Neolitico e dell'età del rame, quando si prendono misure per proteggere i villaggi dalle intrusioni di nuove genti. Questi cambiamenti si manifestano nell'Europa centrale soltanto verso la fine del Quinto e l'inizio del Quarto millennio a.C.

Anche il ruolo centrale della religione è significativo in tale contesto. Le precedenti opere sull'Europa neolitica privilegiano argomenti come l'habitat, l'utensileria, la ceramica, il commercio e i problemi ambientali, considerando la spiritualità "irrilevante". Si tratta di un'omissione incomprensibile poiché la vita secolare e sacra in quell'epoca erano una sola cosa inscindibile. Ignorando gli aspetti religiosi perdiamo di vista la totalità di questa cultura. Gli archeologi non potranno restare per sempre scienziati legati al dato quantitativo, trascurando l'approccio multidisciplinare. La collaborazione di varie discipline - archeologia, mitologia, linguistica e storiografia - offre la possibilità di calarsi sia nella realtà spirituale che in quella materiale delle culture preistoriche. Infatti struttura sociale e religiosa in età neolitica si intrecciano, essendo una riflesso dell'altra.

 
Marija Gimbutas La civiltà della dea Vol. 1 Nuovi Equilibri, Viterbo, 2012

mercoledì 19 dicembre 2012

Limiti

Ma come diceva Boileau: «Cacciate il naturale, tornerà al galoppo», cacciate i limiti fisici, torneranno al galoppo. Cacciare l'idea che ci sono dei limiti alla biosfera significa distruggere la biosfera, e in un futuro non lontano distruggere la specie umana.
I limiti della biosfera sono a loro volta fondati sui limiti del pianeta, non dobbiamo dimenticarlo, ci conviene non dimenticare che gli esseri umani hanno i piedi sulla Terra, nella sostanza terrestre, anche se hanno la testa rivolta verso il cielo.
Augustin Berque, Les Limites de l'écoumène
Citato in: Serge Latouche Limite, Bollati Boringhieri, Torino, 2012

lunedì 17 dicembre 2012

Vuoto


Alla scuola elementare di scrittura emiliana, ieri sera, il compito era raccontare una foto, e a sentire raccontare le foto degli allievi, mi è venuto da guardare le foto che avevo sul mio cellulare, e le ultime erano:

1) un cartello in quattro lingue che dice:
-      Frigobar gratuito
-      Complimentary minibar
-      Minibar gratuit
-      Kostenlose minibar.

2) quel frigobar, vuoto.

3) una scritta sul muro che dice Basta fatti, vogliamo promesse, in rosso, con la falce e martello in basso a destra, il muro è molto bello, in via Balbi, a Genova.

4) un cartello pubblicitario del super enalotto con una ragazza che ride e una scritta che dice Oggi il jackpot è: 00.000 €. L’ho fatta stamattina davanti a un’edicola di Reggio Emilia

5) davanti a quell’edicola ho fotografato anche un espositore di libri, di quelli di ferro, arrugginito, e in alto c’è una scritta gialla, su fondo blu, che dice Vallardi e sotto, in bianco, su fondo rosso, Tutte le lingue del mondo, e sotto, in nero, sullo stesso fondo rosso Dizionari tascabili, e l’espositore è vuoto, non c’è neanche un dizionario.

E quello che fotografo io, ho pensato stasera, è il vuoto, io fotografo promesse, non fatti, e non me ne accorgo neanche.



Paolo Nori dal blog www.paolonori.it

venerdì 14 dicembre 2012

Clessidra Filosofica lunedì' 17 dicembre

Clessidra filosofica di dicembre. Il tema del mese è "Terra".






il 17 dicembre 2012 dalle 21,00 alle 23,00. Dalle 20,30 allo Spazio dell'anima, via Carlo Denina 72


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Ragni?


Quanti ragni sono morti, stecchiti, aspettando le mosche succulente che svolazzavano vicino, vicinissimo a loro, e tuttavia non abbastanza vicino, e alla fine sono caduti, grigi, leggeri, delicati, ragni che la vita non ha preservato, e che avrebbe preservato così com'erano: brutti, sgradevoli, volgari.

Henri Michaux, Passaggi, Adelphi, Milano 2012

martedì 11 dicembre 2012

L'essenza della vita

Lo scetticismo da parte della Chiesa nei confronti delle forme di preghiera contemplativa si è conservato fino ai giorni nostri. Addirittura gli scienziati sono più interessati all’argomento rispetto agli uomini di Chiesa, tanto che G. Zukav può scrivere: “Non ci sarà da meravigliarsi se nel XXI secolo tra i seminari di fisica si terranno anche dei seminari sulla meditazione”
Ecco perchè non c’è da meravigliarsi che coloro che cercano un cammino verso l’esperienza transpersonale abbandonino le chiese, e che in tal modo la mistica lasci il cristianesimo.
Non è un segreto che molti abbandonino la Chiesa anche perché non riescono più ad accettare affermazioni teologiche assolutizzate. La domanda sul senso della vita non trova più una risposta teorica soddisfacente, neanche da parte della religione.
La nostra vita acquista un senso solo nel profondo del nostro essere, quando cogliamo un sentore divino.

Willigis Jager, L'ESSENZA DELLA VITA  Il risveglio della consapevolezza nel cammino spirituale. Edizioni LP La Parola, 2007

giovedì 6 dicembre 2012

Quello che lega

Quello che lega i volti e i luoghi, gesti, particolari, frasi riportate o inventate da Zavattini, sembra essere collegato da questo ‘sentire comune’, un’armonia che non è una formula sentimentale romantica o nostalgica, ma è il sentirsi parte di una comunità, essendo tutti e tutto costruttori della comunità stessa, dei suoi valori, delle sue atrocità e bellezze.

Questo sentimento mi ricorda un po’ le cantate di Bach, composizioni settimanali del musicista, scritte per la gente del villaggio, che ogni domenica venivano suonate e cantate nella chiesa.

Ma rivedendo il lavoro di Strand e Zavattini, mi sembra non si possano coltivare nostalgie di nessun tipo, perché la modernità e la freschezza dell’opera rimangono inalterate e, caso mai, ci resta soltanto la constatazione dolorosa che la loro rimane una grande opera sulla coralità del mondo, della quale ci hanno dato l’ultimo realistico affresco, perché di lì a poco tutto questo si sarebbe dissolto, frantumato. Zavattini, la famiglia Lusetti, Hazel e Paul Strand, il sellaio, il farmacista, i bambini, la Dosolina, costruiscono la lunga strada narrativa dove ai lati si snodano cappelli di paglia, la segnaletica del Touring Club, filari e paracarri, Garibaldi dipinto sul muro e i glicini, che non sono inerti fondali per meravigliose nature morte, ma assumono il rilievo attonito della semplicità e del mistero delle cose della vita degli uomini.


Luigi Ghirri, Come un canto della terra,  in Paolo Costantini, Luigi Ghirri, Strand. Luzzara. Con 71 fotografie di Hazel Kingsbury Strand sul paese di Cesare Zavattini, Milano, CLUP 1980

mercoledì 28 novembre 2012

Le "cadute del vivere"

Oltre alle cose e volti insondabili che erompono quotidianamente dal vivere, e la cui bellezza ed evanescenza desideravo appassionatamente fermare, mi ero accorta che esistevano alcune proprietà o cadute del vivere, la cui natura era altrettanto insondabile.
Una di queste, per esempio, era la immensità e sonnolenza e pace dello spazio. Tale esperienza avevo fatto in Libia, tra i nove e i tredici anni, forse: come la natura, sabbia e cielo, conosca immobilità ed estensione, nell'immobilità, di sogno.
Ma poi, varcando il mare per rientrare in Italia, durante un viaggio di due giorni, mi colpì in modo intenso il duplice moto risultante dalla nave che solca l'acqua azzurra, e dall'acqua azzurra che, pur non essendo più la medesima di un attimo prima, si presenta come la medesima. II medesimo luogo, pensavo, non vuol dire dunque l'identico tempo e situazione. Questo doppio scorrere del meccanismo — vita e luo­go nel meccanismo tempo — fu per me un'ombra. La nave correva correva, e io sempre a guardare lo stesso mare, e intanto la situazione della nave era altra: in luogo apparentemente uguale ma diverso; e quello di prima, il luogo di ieri, era irrevocabilmente sparito.
Cosi, c'era questo problema del tempo — delle dimensioni e i luoghi dove le cose passavano. Cosi, le cose passavano! E irrevocabilmente, sembrava. Perciò tutto quanto accadeva, se la sua parte seconda era il non esistere più, era cosa illusoria. Questa qualità del tempo, di formare le cose per poi cancellarle, agì in modo profondo sulla mia mente, insieme alle forme, e di continuo mi si proponeva come un enigma. Il tempo si consumava: che ne era delle forme espresse da ogni tempo?

lunedì 26 novembre 2012

Vocabolario filosofico: Amore





«La giusta maniera di procedere da sé o di essere condotti da un altro nelle cose d’amore è questa: prendendo le mosse dalle cose belle di quaggiù, al fine di raggiungere il Bello, salire sempre di più, come procedendo per gradini, da un solo corpo bello a due, e da due a tutti i corpi belli, e da tutti i corpi belli alle belle attività umane, e da queste alle belle conoscenze, e dalle conoscenze procedere fino a che non si pervenga a quella conoscenza che è conoscenza di null’altro se non del Bello stesso, e così, giungendo al termine, conoscere ciò che è bello in sé» (Platone, Simposio, in Platone, Tutti gli scritti, Bompiani, Milano 2000, p. 518 - 211b-c).

Luogo comune del pensiero occidentale, l’amore ha visto, nel corso dei secoli, mutare sensibilmente il proprio significato. La mitologia greca ne fece un dio, Eros: raffigurato come un fanciullo alato, con gli occhi bendati e munito di arco, faretra e frecce, Eros era solito trafiggere il cuore delle sue vittime; esse, colpite dal suo strale, venivano irrimediabilmente avvinte dall’amorosa fiamma, dalla quale neppure gli dei potevano rendersi immuni. Nel tardo paganesimo Eros fu spesso rappresentato in relazione amorosa con Psiche, forse a testimoniare l’anelito dell’anima umana a ricongiungersi con il simbolo della bellezza immortale. Col Cristianesimo divenne invece comando universale devoluto alla costruzione di una comunità di soli fratelli.

Pur variamente inteso nel corso storico, l’amore è stato spesso posto tra i fondamenti dell’etica in quasi tutte le grandi filosofie. Come fuoco ispiratore dell’animo umano, è stato altresì oggetto dei tentativi più disparati di concretarne l’essenza secondo le molteplici forme della cultura. Attraverso una ricognizione filosofica che attraverserà alcune delle teorie più affascinanti della Storia del pensiero, ne verranno tematizzate alcune forme precipue.

Il corso prevede un insieme di quattro lezioni, ciascuna di due ore di giovedì dalle 18,30 alle 20,30 nei giorni 6 e 13 dicembre 2012 e 10 e 17 gennaio 2013, in cui il docente interagirà con i partecipanti invitandoli a esprimere anche i propri pensieri e le proprie teorie in merito agli argomenti trattati. La prima lezione sarà, quindi giovedì 6 dicembre.




Vita Nomade


Ho perso varie cose a Buenos Aires. Per la fretta o la sfortuna,
nessuno sa dove siano andate a finire. Me ne sono andato con qualche vestito ed
una manciata di fogli.
Non mi lamento. Con tante persone perdute, piangere per le cose sarebbe come
mancare di rispetto al dolore.
Vita nomade. Le cose mi accompagnano e se ne vanno. Le ho di notte, le perdo di
giorno. Non sono prigioniero delle cose; loro non decidono nulla.
Quando mi sono separato da Graciela, ho lasciato la casa di Montevideo intatta.
Là sono rimaste le conchiglie cubane e le spade cinesi, gli arazzi del Guatemala, i
dischi e i libri e tutto il resto. Portarmi via qualcosa sarebbe stata una truffa.
Tutto ciò era suo, tempo condiviso, tempo a cui sono grato; e me ne sono andato
alla ventura, verso l’ignoto, pulito e senza pesi.
La memoria conserverà ciò che ne sarà degno. La memoria sa di me più di
quanto ne sappia io; e lei non perde ciò che merita di essere salvato.
Febbre delle mie viscere: le città e la gente, staccatesi dalla memoria, navigano
verso di me: terra dove sono nato, figli che ho avuto, uomini e donne che mi
hanno accresciuto l’anima.

Eduardo Galeano, Giorni e notti d’amore e di guerra, 1998 Sperling & Kupfer

giovedì 22 novembre 2012

Contatto


La prontezza con cui gli altri si scusano se ci toccano involontariamente, la tensione con cui attendiamo quella giustificazione, la reazione violenta e a volte aggressiva se essa non giunge, il disgusto e l’odio che proviamo per il «malfattore» – anche se non possiamo essere affatto certi che sia stato lui –tutto questo groviglio di reazioni psichiche intorno all’essere toccati da qualcosa di estraneo, nella loro labilità e suscettibilità estreme, ci conferma che si tratta qui di qualcosa di molto profondo, sempre desto e sempre insidioso: di qualcosa che non lascia più l’uomo da quando egli ha stabilito i confini della sua stessa persona. Anche il sonno, durante il quale le difese sono molto minori, può essere disturbato fin troppo facilmente da un timore di questo tipo. Solo nella massa l’uomo può essere liberato dal timore d’essere toccato.

Elias Canetti, Massa e potere, traduzione di Furio Jesi, Milano, Adelphi 1981

venerdì 16 novembre 2012

Il resto tutto bene



Cioè. Voglio dire. Nella misura in cui. Una sorta di…
A ciascun periodo il suo intercalare. Le parole che si infilano in ogni incontro, in ogni intermezzo, in ogni conversazione.
Pensavo – ascoltando le voci di Radio Tre - che questo fosse il periodo di “una sorta di…”. E non a caso: siamo in una fase dove su ogni fronte è difficile definire e precisare. All’esattezza dunque ci si avvicina per approssimazioni progressive, per passi successivi e somiglianze che si svelano a poco a poco.
Mi sbagliavo. L’intercalare che si sta imponendo è un altro: “il resto tutto bene”.
Due si incontrano:
– Come va? – chiede uno.
– Il resto tutto bene! – risponde l’altro.
Ma che razza di risposta è?
In situazioni e città diverse, più volte ho sentito negli ultimi giorni questo scambio di battute. All’inizio non avevo capito. Convinto di essermi perso la parte iniziale della risposta. Invece no, la risposta è proprio quella: “il resto tutto bene!”.
È evidente che chi risponde ha un problema. Un peso che sta portando. Una difficoltà contro la quale sta sbattendo la testa. Però, il macigno lo si salta a piè pari. Lo si segna come assente. Forse perché è simile a quello di tutti (la crisi?, il lavoro?, il futuro?) e non vale la pena di parlarne. O, forse, perché è così scavato dentro ciascuno da non essere dicibile. Almeno di questi tempi frettolosi.
Comunque ora, nel salutarsi, si è presa questa abitudine. Il resto tutto bene.
Di quel che resta, del resto, si tace.

giovedì 15 novembre 2012

Clessidra filosofica di novembre.

Lunedì 19 novembre dalle 20,30 - Il tema del mese è "Marciando"

Continuano gli incontri "rizomatici" senza pubblico allo Spazio dell'Anima.

Per partecipare prenota via mail
(info@spazidellanima.it ) la tua partecipazione all’evento e anticipa in poche righe la natura del tuo intervento
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Clessidra è' un'idea di Silvana Kuhtz e Mariarosa Pappalettera (www.poesiainazione.it) che si realizza con successo a Bari ormai da due anni. Sulla base del tema del mese, ogni partecipante sceglie il “testo” di un grande autore da proporre a tutti gli altri: potrà essere costituito da parole, immagini, suoni, scene di film, brani musicali, canzoni, movimento di corpi ed esperienza dei sensi e anche processo del fare.

Per saperne di più:
http://www.bottegafilosofica.it/Home/Programma-A.A.-2012-13/Clessidra-filosofica/Clessidra-filosofica-di-novembre.-Il-tema-del-mese-e-Marciando-/#sthash.LrgJ2h3Y.dpuf

martedì 13 novembre 2012

Domande


Bisogna, alle cose,
lasciare la propria quieta, indisturbata evoluzione
che viene dal loro interno
e che da niente può essere forzata o accelerata.
Tutto è: portare a compimento la gestazione – e poi dare alla luce …

Maturare come un albero
che non forza i suoi succhi
e tranquillo se ne sta nelle tempeste
di primavera, e non teme che non possa arrivare l’estate.

Eccome se arriva!
Ma arriva soltanto per chi è paziente
e vive come se davanti avesse l’eternità,
spensierato, tranquillo e aperto …

Bisogna avere pazienza
verso le irresolutezze del cuore
e cercare di amare le domande stesse
come stanze chiuse a chiave e come libri
che sono scritti in una lingua che proprio non sappiamo.

Si tratta di vivere ogni cosa.
Quando si vivono le domande,
forse, piano piano, si finisce,
senza accorgersene,
col vivere dentro alle risposte
celate in un giorno che non sappiamo.

Pazienza di Rainer Maria Rilke (1903)

martedì 6 novembre 2012

George Gray

Molte volte ho studiato
la lapide che mi hanno scolpito:
una barca con vele ammainate, in un porto.
In realtà non è questa la mia destinazione
ma la mia vita.


Perché l’amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno;
il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura;
l’ambizione mi chiamò, ma io temetti gli imprevisti.

Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita.
E adesso so che bisogna alzare le vele
e prendere i venti del destino,
dovunque spingano la barca.

Dare un senso alla vita può condurre a follia,
ma una vita senza senso è la tortura
dell’inquietudine e del vano desiderio
è una barca che anela al mare eppure lo teme.


Da Edgar Lee Masters Antologia di Spoon River, traduzione di Fernanda Pivano, Einaudi

sabato 3 novembre 2012

Formiche


Guardiamo una formica che avanza faticosamente su una spiaggia solcata dal vento e dalle onde. Va diritta, poi gira a destra per scalare più agevolmente una ripida duna, aggira un ciottolo, si ferma un momento per scambiare informazioni con una consorella. Così, tra interruzioni e deviazioni, trova la strada di casa. (…) Perché non va direttamente dal punto di partenza alla destinazione voluta? (…)
 
Si ha un'idea di massima del luogo in cui si trova la meta, ma non si possono prevedere tutti gli ostacoli che ci dividono da essa. E' necessario quindi adattare più volte il comportamento alle difficoltà incontrate e spesso aggirare ostacoli altrimenti insuperabili. Gli orizzonti sono molto limitati, quindi si deve affrontare ogni ostacolo nel momento in cui lo si incontra, tentare diverse vie per attraversarlo e aggirarlo, senza preoccuparsi troppo degli ostacoli futuri. E' facile incappare in una serie di giri inutili.


H. A. Simon, Le scienze dell'artificiale, Il Mulino, Bologna, 1988

martedì 23 ottobre 2012

TRA corpo e mente

La proposta di lavoro per il 2012-13 di Valeria Allegretti, counselor filosofico e operatrice shiatsu, nonché curatrice del Blog di Spazi dell'anima - Scuola Popolare di Filosofia,  è un percorso filosofico alla ricerca dell’armonia tra le diverse dimensioni dell’esistenza.  Abbiamo o siamo il nostro corpo? Le nostra dimensione materica rappresenta un limite per la mente o è la possibilità di esprimere autenticamente noi stessi? Sono queste le domande che, insieme alla parola chiave “TRA“, ci faranno da guida nel nostro percorso di ricerca. Attraverso la riflessione, il dialogo, e qualche esperienza diretta cercheremo di comprendere meglio il linguaggio del corpo e ascoltare cosa ha da dirci.

Il laboratorio inizierà lunedì 12 novembre alle ore 20e30 presso la sede della nostra associazione, Via Carlo Denina 72, Metro A Furio Camillo, Roma. Gli incontri previsti sono 8 con cadenza mensile, il secondo lunedì del mese.

Che cos'è l'Etica?



Si terrà presso la sede di Spazi dell'anima - Scuola Popolare di Filosofia a Roma (Via Carlo Denina 72, Metro A Furio Camillo) un ciclo di incontri denominati Vocabolario filosofico. Il primo seminario tratterà dell’Etica e in quattro lezioni partecipate con cadenza settimanale, ciascuna di due ore ogni giovedì dalle 18,30 alle 20,30, il docente interagirà con i partecipanti invitandoli a esprimere anche i loro pensieri e le loro teorie in merito agli argomenti trattati. Si inizia giovedì 8 novembre.
L’etica ha sempre costituito una parte importante nella riflessione filosofica di tutti i tempi: lo scopo di questo corso è quello di fornire gli strumenti per analizzare alcune delle concezioni etiche maggiormente feconde, collegandole con situazioni tratte dalla letteratura o dalla vita contemporanea in cui l’agente morale è chiamato a fare una scelta gravida di conseguenze.
Dopo un’introduzione metodologica e terminologica in cui ci proponiamo di focalizzare alcuni concetti chiave dell’etica antica e moderna (virtù, bene, felicità, piacere, dovere, obbligo, libero arbitrio, ecc.), il corso prenderà in esame alcuni dei principali modelli teorici nell’ambito della filosofia contemporanea cercando di analizzarli e collocarli in un preciso ambito storico. Ci soffermeremo sugli scritti di Kant, Bentham, Mill, Moore e Schlick e daremo uno sguardo d'insieme verso l'etica del mondo contemporaneo.
Una parte del seminario sarà poi dedicata alla relazione tra filosofia e letteratura inerente i problemi trattati mentre verranno dati cenni sulle prospettive delle ricerca contemporanea sull'etica (etica applicata, etica della società tecnologica, bioetica.

Il laboratorio è a cura di Paolo Ciuccatosti.

Per maggiori info clicca qui o inviaci una mail a info@spazidellanima.it

giovedì 18 ottobre 2012

Che cosa è Acqua

Acqua è fra i quattro elementi il secondo men greve e
di seconda volubilità. Questa non ha mai requie insino
che si congiunge al suo marittimo elemento […].

Volentieri si leva per lo caldo in sottile vapore per l’aria.
Il freddo la congela, stabilità la corrompe. […]

Piglia ogni odore, colore e sapore e da sé non ha niente.

Penetra tutti i porosi corpi, al suo furore non vale
alcuno umano riparo e, se vale, non fia permanente.

Leonardo da Vinci Manoscritto C, f. 26v

giovedì 11 ottobre 2012

La Clessidra filosofica di ottobre

La Clessidra filosofica di ottobre sarà lunedì 15 dalle 20,30 allo Spazio dell'anima. Il tema del mese è "Fisso".




Clessidra è' un'idea di Silvana Kuhtz e Mariarosa Pappalettera (www.poesiainazione.it) che si realizza con successo a Bari ormai da due anni. Sulla base del tema del mese, ogni partecipante sceglie il “testo” di un grande autore da proporre a tutti gli altri: potrà essere costituito da parole, immagini, suoni, scene di film, brani musicali, canzoni, movimento di corpi ed esperienza dei sensi e anche processo del fare; può prevedere il coinvolgimento degli altri partecipanti all’incontro. La durata massima di ogni intervento è di 5 minuti. Se il numero dei partecipanti è cospicuo, i minuti scendono a 3-4, lo si concorda insieme. Non è possibile intervenire all'incontro solo come spettatore. Clessidra filosofica è la versione che realizziamo a Roma in "contatto" con il corrispondente incontro di Bari. Lo "specifico romano", una piccola pratica filosofico-poetica da fare insieme nella seconda parte: così vi proponiamo di sperimentare Clessidra all'interno della nostra Scuola popolare di filosofia. Un nuovo modo di condividere le nostre passioni e di produrre insieme nuovi pensieri. Per partecipare prenota via mail
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lunedì 8 ottobre 2012

Asma

Quando hai un attacco d’asma, ti manca il respiro. Quando ti manca il respiro, fai fatica a parlare. La frase ti rimane bloccata in gola a causa della quantità d’aria limitata che riesci a espellere dai polmoni. Non riesci a dire molto, tra le tre e le sei parole. Questo ti porta a provare rispetto per la parola. Te ne vengono in mente un sacco, di parole. Scegli le più importanti, ma anche pronunciare quelle ti costa molto. Non è come per la gente sana che butta lì tutto quello che le viene in mente come se fosse spazzatura. Quando qualcuno dice “ti amo” durante un attacco d’asma, la cosa è ben diversa. C’è una bella differenza. La differenza di una parola. E una parola è moltissimo perché quella potrebbe essere “sedersi”, “ventolin” o persino “ambulanza”.


Etgar Keret - Pizzeria kamikaze Edizioni e/o, 2003

lunedì 1 ottobre 2012

Solitudine

La solitudine: bisogna essere molto forti
per amare la solitudine; bisogna avere buone gambe
e una resistenza fuori del comune; non si deve rischiare
raffreddore, influenza o mal di gola; non si devono temere
rapinatori o assassini; se tocca camminare
per tutto il pomeriggio o magari per tutta la sera
bisogna saperlo fare senza accorgersene; da sedersi non c’è;
specie d’inverno; col vento che tira sull’erba bagnata,
e coi pietroni tra l’immondizia umidi e fangosi;
non c’è proprio nessun conforto, su ciò non c’è dubbio,
oltre a quello di avere davanti tutto un giorno e una notte
senza doveri o limiti di qualsiasi genere.
Il sesso è un pretesto. Per quanti siano gli incontri
– e anche d’inverno, per le strade abbandonate al vento,
tra le distese d’immondizia contro i palazzi lontani,
essi sono molti – non sono che momenti della solitudine;
più caldo e vivo è il corpo gentile
che unge di seme e se ne va,
più freddo e mortale è intorno il diletto deserto;
è esso che riempie di gioia, come un vento miracoloso,
non il sorriso innocente o la torbida prepotenza
di chi poi se ne va; egli si porta dietro una giovinezza
enormemente giovane; e in questo è disumano,
perché non lascia tracce, o meglio, lascia una sola traccia
che è sempre la stessa in tutte le stagioni.
Un ragazzo ai suoi primi amori
altro non è che la fecondità del mondo.
È il mondo che così arriva con lui; appare e scompare,
come una forma che muta. Restano intatte tutte le cose,
e tu potrai percorrere mezza città, non lo ritroverai più;
l’atto è compiuto, la sua ripetizione è un rito. Dunque
la solitudine è ancora più grande se una folla intera
attende il suo turno: cresce infatti il numero
delle sparizioni –
l’andarsene è fuggire – e il seguente incombe sul presente
come un dovere, un sacrificio da compiere alla voglia
di morte.
Invecchiando, però, la stanchezza comincia a farsi sentire,
specie nel momento in cui è appena passata l’ora di cena,
e per te non è mutato niente; allora per un soffio
non urli o piangi;
e ciò sarebbe enorme se non fosse appunto solo
stanchezza,
e forse un po’ di fame. Enorme, perché vorrebbe dire
che il tuo desiderio di solitudine non potrebbe esser più
soddisfatto,
e allora cosa ti aspetta, se ciò che non è considerato
solitudine
è la solitudine vera, quella che non puoi accettare?
Non c’è cena o pranzo o soddisfazione del mondo,
che valga una camminata senza fine per le strade povere,
dove bisogna essere disgraziati e forti, fratelli dei cani.

Pier Paolo Pasolini "Versi del testamento"Da Trasumanar e Organizzar (1971)