lunedì 10 novembre 2014

Allo Spazio dell'Anima Torna il Convivio



Mettere in comune speranze e condividere immagini di mondi possibili è una fonte inesauribile di energie e di stimoli creativi.

Il Convivio è uno spazio libero in cui i soci della Scuola popolare di filosofia e cittadinanza si ritrovano una sera al mese e affrontano una questione che sta a cuore a uno di loro in stile filosofico. Un'occasione per praticare il dialogo e l'epoché facendo fluire nel gruppo il pensiero per il puro piacere di farlo. 


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Il Convivio di Novembre si terrà oggi lunedì 10 novembre 2014 dalle 20.30 alle 23.00. 



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venerdì 7 novembre 2014

Due falchi

Un grande re ricevette in dono due pulcini di falco e si affrettò a consegnarli al maestro di falconeria perché li addestrasse.  
Dopo qualche mese, il maestro comunicò al re che uno dei due falchi era perfettamente addestrato.  “E l’altro?” chiese il re.  “Mi rincresce, sire, ma l’altro falco si comporta stranamente; forse è stato colpito da una malattia rara, che non siamo in grado di curare. Nessuno riesce a smuoverlo dal ramo dell’albero su cui è stato posato il primo giorno. Un inserviente deve arrampicarsi ogni giorno per portargli cibo”. 
Il re convocò veterinari e guaritori ed esperti di ogni tipo, ma nessuno riuscì nell’impresa di far  volare il falco. Incaricò del compito i membri della corte, i generali, i consiglieri più saggi, ma nessuno poté far muovere il falco dal suo ramo.
Dalla finestra del suo appartamento, il monarca poteva vedere con grande rammarico e tristezza il falco immobile sull’albero, giorno e notte.  Un giorno fece proclamare un editto in cui chiedeva ai suoi sudditi un aiuto per il problema.
Il mattino seguente, il re spalancò la finestra e, con immenso stupore, vide il falco che volava superbamente tra gli alberi del giardino.  “Portatemi il fautore di questo miracolo” ordinò.  Poco dopo gli presentarono un giovane contadino.  “Tu hai fatto volare il falco? Come hai fatto? Sei un mago, per caso?” gli chiese il re.  Intimidito e felice, il giovane spiegò:  “Non è stato difficile, maestà: io ho semplicemente tagliato il ramo. Il falco si è reso conto di avere le ali ed ha incominciato a volare”.

A volte, l’Universo permette a qualcuno di tagliare il ramo a cui siamo tenacemente attaccati, affinché possiamo renderci conto di avere le ali.

martedì 4 novembre 2014

Ogni palla, una decisione

Il primo a dirmelo è stato un amico che faceva il maestro di tennis quando avevo vent’anni. Per giocare bene a tennis non bisogna essere troppo intelligenti. E’ stata una specie di rivelazione a cui ho continuato a pensare. Ma come, essere intelligenti non è sempre un vantaggio? La sua spiegazione era convincente eppure non riuscivo a capacitarmi che l’intelligenza potesse essere un ostacolo. 
Invece è proprio così. Sentite che ne dice un campione come Andre Agassi: “Pensare è il peccato capitale. Pensare, così la vede mio padre, è la causa di tutti i mali, perché pensare è il contrario di fare. Quando papà mi scopre a pensare, a sognare a occhi aperti, sul campo da tennis, reagisce come se mi avesse sorpreso a rubare dal suo portafoglio. Spesso mi chiedo come si faccia a smettere di pensare. Mi domando se mio padre mi grida di smettere di pensare perché sa che sono un pensatore per natura. O sono stati tutti i suoi strilli a fare di me un pensatore?” (…)
Torturato fin da quando era piccolissimo da un padre dispotico e ossessivo che gli impedisce di vivere una vita normale, il piccolo Andre non può giocare con i fratelli o gli altri bambini. Il padre lo obbliga a giocare nel campo da tennis che lui stesso ha costruito nel giardino della loro casa, circondata dal deserto, alla periferia di Las Vegas. Il tennis è uno sport maledettamente solitario” scrive Agassi: “Di tutti gli sport praticati da uomini e donne, il tennis è il più simile all’isolamento carcerario, il che porta inevitabilmente a parlare da soli”.
(…)
Ma (…)  E’ vero che per giocare bene a tennis bisogna essere stupidi? Agassi lo impara a sue spese nelle competizioni internazionali: “Mi supplico di non pensare a quello che può succedere. Non pensare, Andre. Spegni il cervello”. Oppure si trova a invidiare il suo più ostico avversario, Pete Sampras per la sua ottusità e per la sua “straordinaria mancanza di ispirazione”.
Per lui invece “milioni di palle” corrispondono a “milioni di decisioni” e già in questo c’è qualcosa che non va perché pensare ti rallenta. Per vincere devi essere puro istinto, una specie di automa, proprio come il drago sputapalle contro cui si allenava da bambino.
D’accordo, ma Agassi che per 21 anni è stato un numero uno, andando ben oltre quello che un campione può fare, sembra essere proprio la dimostrazione del contrario. E’ grazie alla sua straordinaria intelligenza che è riuscito a vedere i difetti dei suoi avversari e a giocare sfruttandoli a suo vantaggio: il suo gioco era frutto di una mente raffinatissima e allenata.

Tra una palla e l’altra lui si è fatto mille domande su se stesso e il senso della vita, mentre stava nel pieno della tensione tra vincere e perdere. Il segreto del suo successo non è forse in quelle milioni di palle che erano altrettante decisioni? Quelle palle sono state davvero rallentate dal pensiero o potenziate dall’intelligenza che le muoveva? Che ne dici di questo Andre? Voi che ne dite? La questione è da meditare.

Tiziana Zita, Per giocare bene a tennis bisogna essere stupidi 

Open di Andre Agassi  Post Pubblicato il 30 settembre 2014


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lunedì 3 novembre 2014

Filosofia, pratica e autobiografia

Conta trovare una verità che sia verità per me, trovare l'idea per cui io voglia vivere e morire. E a che mai gioverebbe escogitare una cosiddetta verità oggettiva, misurarmi coi sistemi dei filosofi e poterli passare casomai in rassegna sì da poter svelare incoerenze entro ogni singola sfera? A che mi gioverebbe poter sviluppare una teoria politica e dai vari pezzi raccattati ovunque combinare una totalità, costruire un mondo in cui a mio turno non vivrei, ma che terrei semplicemente esposto alla vita altrui? A che mi gioverebbe poter sviluppare il significato del cristianesimo, poterne spiegare tanti singoli fenomeni, se non avesse qualche significato più profondo per me stesso e per la vita mia? (...) Non voglio negare no che ammetto ancora un imperativo della conoscenza e che mediante essa si possa anche agire sugli uomini, ma allora dev'essere assunta viva in me, ed è questa che ora riconosco come l'essenziale


Sören Kierkegaard "Dalle carte di uno ancora in vita, edite contro il suo volere da Sören Kierkegaard", a cura di Dario Borso, Morcelliana