Il primo a dirmelo è
stato un amico che faceva il maestro di tennis quando avevo vent’anni. Per
giocare bene a tennis non bisogna essere troppo intelligenti. E’ stata una
specie di rivelazione a cui ho continuato a pensare. Ma come, essere
intelligenti non è sempre un vantaggio? La sua spiegazione era convincente
eppure non riuscivo a capacitarmi che l’intelligenza potesse essere un
ostacolo.
Invece è proprio così. Sentite che ne dice un campione come Andre
Agassi: “Pensare è il peccato capitale. Pensare, così la vede mio padre, è la
causa di tutti i mali, perché pensare è il contrario di fare. Quando papà mi
scopre a pensare, a sognare a occhi aperti, sul campo da tennis, reagisce come
se mi avesse sorpreso a rubare dal suo portafoglio. Spesso mi chiedo come si
faccia a smettere di pensare. Mi domando se mio padre mi grida di smettere di
pensare perché sa che sono un pensatore per natura. O sono stati tutti i suoi
strilli a fare di me un pensatore?” (…)
Torturato fin da
quando era piccolissimo da un padre dispotico e ossessivo che gli impedisce di
vivere una vita normale, il piccolo Andre non può giocare con i fratelli o gli
altri bambini. Il padre lo obbliga a giocare nel campo da tennis che lui stesso
ha costruito nel giardino della loro casa, circondata dal deserto, alla
periferia di Las Vegas. “Il tennis è uno sport
maledettamente solitario” scrive Agassi: “Di tutti gli sport praticati da
uomini e donne, il tennis è il più simile all’isolamento carcerario, il che
porta inevitabilmente a parlare da soli”.
(…)
Ma (…) E’ vero che per giocare bene a tennis bisogna
essere stupidi? Agassi lo impara a sue spese nelle competizioni internazionali:
“Mi supplico di non pensare a quello che può succedere. Non pensare, Andre. Spegni il cervello”. Oppure si trova a invidiare il suo più ostico avversario, Pete Sampras per la sua ottusità e per la sua “straordinaria
mancanza di ispirazione”.
Per lui invece
“milioni di palle” corrispondono a “milioni di decisioni” e già in questo c’è
qualcosa che non va perché pensare ti rallenta. Per vincere devi essere puro
istinto, una specie di automa, proprio come il drago sputapalle contro cui si
allenava da bambino.
D’accordo, ma Agassi che per 21 anni è
stato un numero uno, andando ben oltre quello che un campione può fare, sembra
essere proprio la dimostrazione del contrario. E’ grazie alla sua straordinaria
intelligenza che è riuscito a vedere i difetti dei suoi avversari e a giocare
sfruttandoli a suo vantaggio: il suo gioco era frutto di una mente
raffinatissima e allenata.
Tra una palla e l’altra lui si è fatto
mille domande su se stesso e il senso della vita, mentre stava nel pieno della
tensione tra vincere e perdere. Il segreto del suo successo non è forse in
quelle milioni di palle che erano altrettante decisioni? Quelle palle sono
state davvero rallentate dal pensiero o potenziate dall’intelligenza che le
muoveva? Che ne dici di questo Andre? Voi che ne dite? La questione è da
meditare.
Tiziana Zita, Per giocare bene a tennis bisogna essere stupidi
Open di Andre Agassi Post Pubblicato il 30 settembre 2014
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