giovedì 28 giugno 2012

Cos'è un problema?

«Cos’è un problema?» (…) «Ho già sentito questa parola» (…) «Ma potresti spiegarmi cosa significa?» Mi sforzai inutilmente di estrarre dalla mia memoria la definizione contenuta nel dizionario. Certo, era strano che in un mondo così affollato di problemi un adolescente non si fosse ancora mai imbattuto in quel concetto.

Alla fine, vedendo che non riuscivo a sfuggire al suo sguardo penetrante, cercai di fabbricare una spiegazione personale. «Un problema è come una porta di cui non hai la chiave.»

sabato 23 giugno 2012

Il primo incontro di Clessidra filosofica 27 giugno h.20.30


Il primo incontro di Clessidra filosofica. Il tema del mese è "Unisce".

Clessidra è' un'idea di Silvana Kuhtz e Mariarosa Pappalettera (www.poesiainazione.it) che si realizza con successo a Bari ormai da due anni. Sulla base del tema del mese, ogni partecipante sceglie il “testo” di un grande autore da proporre a tutti gli altri: potrà essere costituito da parole, immagini, suoni, scene di film, brani musicali, canzoni, movimento di corpi ed esperienza dei sensi e anche processo del fare; può prevedere il coinvolgimento degli altri partecipanti all’incontro. La durata massima di ogni intervento è di 5 minuti. Se il numero dei partecipanti è cospicuo, i minuti scendono a 3-4, lo si concorda insieme. Non è possibile intervenire all'incontro solo come spettatore. Clessidra filosofica è la versione che realizziamo a Roma in contemporanea con il prossimo incontro di Bari. Lo "specifico romano", una piccola pratica filosofico-poetica da fare insieme nella seconda parte: così vi proponiamo di sperimentare Clessidra all'interno della nostra Scuola popolare di filosofia. Un nuovo modo di condividere le nostre passioni e di produrre insieme nuovi pensieri.

Per partecipare prenota via mail (info@spazidellanima.it) la tua partecipazione all’evento e anticipa in poche righe la natura del tuo intervento.


Alcune note IMPORTANTI

- Porta tutto il materiale e gli strumenti di cui hai bisogno per la presentazione del tuo “testo”



-  Quando ti viene dato il tempo rispetta la CLESSIDRA e termina l’intervento al massimo con l’ultimo granello di sabbia (ma se vuoi può durare anche molto meno)

-  L’indicazione tematica del mese è solo uno spunto per scegliere cosa portare. Puoi lavorare sull’indicazione data o sul suo contrario, puoi operare per moltiplicazione o sottrazione, per sentimento, per vicinanza, per lontananza, … Insomma il tema è solo uno spunto, fanne ciò che vuoi, o non farne niente. NON rinunciare a ESSERCI solo perchè non hai niente a tema! porta comunque qualcosa che ti appassiona e vuoi condividere. Chiaro?

Il tema è davvero SOLO uno spunto. Ti aspettiamo allo Spazio dell'anima mercoledì 27 giugno dalle 20,30 per iniziare puntualmente alle 21,00. Scarica la locandina dell'incontro

venerdì 22 giugno 2012

Indizi

Come spostando pietre:
geme ogni giuntura! Riconosco
l'amore dal dolore
lungo tutto il corpo.

Come un immenso campo aperto
alle bufere. Riconosco
l'amore dal lontano
di chi mi è accanto.

Come se mi avessero scavato
dentro fino al midollo. Riconosco
l'amore dal pianto delle vene
lungo tutto il corpo.

Vandalo in un'aureola
di vento! Riconosco
l'amore dallo strappo
delle più fedeli corde
vocali: ruggine, crudo sale
nella strettoia della gola.

Riconosco l'amore dal boato
- dal trillo beato -
lungo tutto il corpo!

Marina Cvetaeva

sabato 16 giugno 2012

Il nostro mondo



Questo mondo viene di solito chiamato, dai superstiziosi e dagli ignoranti, "una valle di lacrime", da cui saremo redenti grazie a qualche arbitrario intervento di Dio, e portati in cielo.

Che concetto ristretto e rigido! Piuttosto, se vi va, chiamiamolo "la valle che forma l'anima". Allora, sì, sarà possibile comprendere a che cosa serve il mondo [...].
Io dico che forma l'anima, distinguendo l'anima dall'intelligenza.

Ci possono essere intelligenze o scintille della divinità a milioni – ma non ci sono anime finché le scintille non hanno raggiunto un'identità, finché ognuna non è individualmente sé stessa.

Le intelligenze sono atomi di percezione: conoscono, e vedono, e sono pure; in breve sono Dio. Ma allora come si formano le anime? Come riescono queste scintille, che sono Dio, a ricevere un'identità, così da possedere una beatitudine propria, specifica di ogni singola esistenza?

Come, se non grazie a un mondo come il nostro?

John Keats da Lettere a George e Georgiana Keats - 18 febbraio 1819

mercoledì 13 giugno 2012

versione in prosa

Una poesia disanimata sembra un ossimoro, una contraddizione intermini. Una poesia non può non avere un’anima; magari è nascosta, ma ce l’ha. Allora a volte succede che per farla venir fuori certe persone prendono la poesia e la spiegano, le tolgono le pieghe, l’appiattiscono. Insomma: la spianano passandole sopra il ferro da stiro della spiegazione. Così l’anima (che ha a che fare con il vento, con il greco ànemos) scappa via, e sull’asse da stiro o sul banco di scuola restano le parole inanimate, prive del soffio vitale che le riempiva, che dava loro spessore, che le rendeva casse di risonanza che suonavano in armonia, con i loro ritmi e i loro respiri. Dopo il trattamento, le parole giacciono inermi, sotto vuoto: brandelli di un corpo fatto a pezzi, sul tavolo dell’anatomista.

Contro gli squartatori di versi scrive alcune poesie Billy Collins, popolare come pochi altri negli Stati Uniti, nato nel 1941 a New York, poeta laureato del Congresso degli Stati Uniti nei primi anni 2000, ed ora in Italia per una serie di letture, fra cui l’apertura al festival della poesia di Ancona (La punta della lingua, 13 giugno). Ecco la sua “Introduzione alla poesia” (ripresa dalla prima raccolta di Collins uscita in italiano, A vela, in solitaria, intorno alla stanza, tr. F. Nasi, Medusa, Milano 2006, p. 13): 

Chiedo loro di prendere una poesia
e di tenerla in alto controluce
come una diapositiva a colori
o di premere un orecchio sul suo alveare.
Dico loro di gettare un topo in una poesia
e osservarlo mentre cerca di uscire,

o di entrare nella stanza della poesia
e cercare a tentoni l’interruttore sul muro.

Voglio che facciano sci d’acqua
sulla superficie di una poesia e salutino
con la mano il nome dell’autore sulla spiaggia.

Ma la sola cosa che loro vogliono fare
è legarla con una corda a una sedia
e torturarla finché non confessi.

La  picchiano con un tubo di gomma
per scoprire che cosa davvero vuol dire.


Franco Nasi da “Le poesie animate di Billy Collins” www.doppiozero.it

mercoledì 6 giugno 2012

Armonia

Il nostro corpo, nel suo insieme, vibra ad una frequenza di circa 7 Hertz, ossia 7 cicli al secondo. Con la stessa frequenza vibra il sistema cuore/aorta se smettiamo per qualche istante di respirare, o in quei soggetti che grazie all'esercizio riescono a respirare in modo tanto delicato e armonico da non influenzare questo ritmo. Di nuovo, 7 Hz è la frequenza delle onde cerebrali theta, quelle associate allo stato semi-ipnotico tra sonno e veglia, e all'attività intuitiva e creativa più profonda. Infine, 7-8 Hz è la frequenza a cui vibra la Terra all'interno della ionosfera, come effetto del rapporto tra la velocità della radiazione elettromagnetica e la circonferenza terrestre.



Saranno anche solo coincidenze, ma sono significative. Pensate ad esempio che se meditando il nostro cervello produce onde theta, o se respiriamo in modo tale da riprodurre il ritmo di 7 Hz tra cuore e aorta, siamo in sincrono con la pulsazione fondamentale del nostro pianeta.

Viene da chiedersi se l'espressione "in armonia con se stessi e con il mondo" non sia ben più di una bella metafora un pò sfruttata.

Tanto più che la Natura sembra amare particolarmente i sistemi sincronizzati. Già nel 1665 lo scienziato olandese Christian Huygens aveva notato come due orologi a pendolo sospesi alla stessa parete, anche se inizialmente oscillavano a frequenze diverse, dopo un certo tempo assumevano esattamente lo stesso ritmo. E lo stesso fenomeno viene dimostrato nel film "The Incredible Machine". Solo che questa volta i protagonisti sono due cellule muscolari cardiache: sotto l'occhio indagatore del microscopio, le due cellule fino a una certa distanza si ignorano e battono a ritmi diversi. Quando vengono avvicinate, anche senza toccarsi cominciano improvvisamente a battere all'unisono.

Altre ricerche rivelano che una stessa coordinazione ritmica avviene nel corso delle normali conversazioni, tra chi ascolta e chi parla, ed è severamente disturbata da problemi emotivi o di relazione, con punte estreme nel caso di individui autistici. Questo perché i sistemi sincronizzati richiedono molto meno dispendio di energia per l'automantenimento, e la Natura cerca costantemente di realizzare gli stati energetici più efficienti. Ne consegue che anche per noi, lo stato di sincronia con la Terra è uno stato in cui la vita fluisce senza sforzo, e forse anche per questo possiamo raggiungere le più alte vette di pensiero intuitivo e creativo.
Ma la musica come affronta tutto questo? È interessante notare ad esempio come il vibrato dei cantanti lirici abbia giustappunto una frequenza compresa tra i 6,8 e i 7,4 Hz.

Non a caso il vibrato veniva stigmatizzato e visto come il fumo negli occhi dalla cultura vittoriana: coinvolgeva troppo il corpo dell'ascoltatore, e lo induceva a peccaminose reverie. E poi molta della musica New Age è stata composta proprio con l'ottimo proposito di aiutare la sincronizzazione delle due metà del cervello o comunque per guidare il cervello verso le onde della meditazione, alfa e theta per l'appunto.


venerdì 1 giugno 2012

Aperti

L’altro giorno, il 29 maggio, il giorno che al mattino, alle nove, è tirato il terremoto, c’è stata una po’ di gente che mi ha scritto per chiedermi se stavo bene. A me è sembrata una cosa strana perché dove abito io, alla Croce di Casalecchio, tra Bologna e Casalecchio di Reno (ho dei colleghi che vivono tra Milano e Parigi, io mi compiaccio di abitare tra Bologna e Casalecchio di Reno), la scossa l’abbiamo sentita ma non è successo niente di grave, né l’altro giorno né la settimana prima, il 20 maggio, quando il terremoto è tirato di notte, alle quattro del mattino.Allora poi, l’altro giorno, al pomeriggio, quando per radio ho sentito dire che in Emilia i negozi eran chiusi e la gente era ammassata nei parchi, e le scuole eran chiuse, e si faceva fatica a immaginare un ritorno alla vita normale, io mi ricordo mi sono alzato, ho aperto la finestra, ho guardato per strada e mi è sembrato che sotto casa mia i negozi fossero aperti, la gente non fosse ammassata nei parchi, i bambini fossero a scuola, mi è sembrato un giorno normale.
E mi è venuto in mente quando, nel 1993, ero a Mosca, mi era suonato il telefono, avevo risposto era mio fratello che mi aveva detto «Paolo, guarda che lì a Mosca c’è la rivoluzione». E io gli avevo detto «Aspetta un attimo», e avevo appoggiato il telefono sul tavolino, ero uscito sul balcone, avevo guardato a destra, avevo guardato a sinistra, ero rientrato, avevo preso il telefono avevo detto a mio fratello «Guarda che ti sbagli. Non c’è mica, la rivoluzione».
Dopo la rivoluzione, in un certo senso, c’era, ma lontana, in centro; quando c’ero andato, il giorno successivo, avevo visto che alcune stazioni centrali della metropolitana erano chiuse «Per motivi tecnici» e, «Per motivi tecnici», era chiuso anche il telegrafo centrale.
Anche l’altro giorno, al pomeriggio, quando sono andato in centro per restituire un libro in biblioteca, ho trovato che la biblioteca era chiusa «Per motivi di sicurezza», e che Palazzo d’Accursio, il palazzo sede della Biblioteca e anche del comune, era stato sfollato «Per motivi di sicurezza», anche se c’erano una cinquantina di persone, immigrati prevalentemente, che si riparavan dal sole e fumavano delle sigarettte con la schiena appoggiata al muro del palazzo, che se dava giù morivano tutti, e morivo anch’io, ero lì che li guardavo. Ma sembrava impossibile, l’altroieri, che desse giù Palazzo d’Accursio. Anche la gente che c’era lì in piazza del Nettuno, a guardarla, passeggiava, fumava, mangiava, rideva, leggeva, come se fosse un giorno normale. L’unico che aveva l’aria un po’ stralunata era un immigrato che girava con un pacco di copie di un’edizione straordinaria del Resto del Carlino con un titolo cubitale «Paura e morte». Che son stato lì a guardarlo cinque minuti, non ne ha venduta neanche una.
Non so se si capisce, era una cosa stranissima, sopra ai giornali c’era il terrremoto, fuori dai giornali non c’era.
E una volta tornato a casa, l’altro giorno, la stessa cosa succedeva col computer. Fuori dal computer non c’era il terremoto, dentro al computer, su facebook, su twitter, non c’era altro che del terremoto.
Sul profilo twittter di Pierluigi Bersani (seguo su twitter Pierluigi Bersani) c’era una foto di una strada di Mirandola piena di mattoni. Sembrava un fiume di mattoni, come uno tzunami di mattoni, un’ondata di mattoni che aveva distrutto tutto quello che aveva trovato sulla sua strada. E suonava in un modo stranissimo la scritta che c’era sotto: pbersani sta usando Instagram – un modo divertente ed alternativo per condividere la tua vita con i tuoi amici attraverso una serie di immagini. Scatta una foto e scegli un filtro per trasformare lo scatto in un ricordo che rimane per sempre. 
Dopo, l’altro giorno, mi è venuto in mente che a Palazzo d’Accursio c’è anche la farmacia comunale. Allora ho telefonato e mi ha risposto un signore e io gli ho chiesto «Ma siete aperti?». E lui mi ha detto «Sì, siamo aperti». «Ma il palazzo non è evacuato?» gli ho chiesto io. E lui mi ha risposto «Sì, il palazzo è evacuato ma noi siamo aperti».
E, non so, forse è una cosa che non è molto normale, e forse non è neanche tanto sana, ma a me è piaciuto moltissimo, il modo in cui quel farmacista mi ha detto «Sì, il palazzo è evacuato ma noi siamo aperti»; aveva un tono stanco, e mi sono immaginato che fosse vestito benissimo, col suo vestito migliore e mi è venuto in mente, è una cosa che ogni tanto mi viene in mente, mi è venuto in mente quando nella Leningrado assediata dai nazisti c’è stata, il 5 marzo del 1942, la prima della settima sinfonia di Šostakovič. Come per dire: «Voi ci assediate? Voi pensate di ridurci alla fame? E noi ci mettiamo i nostri vestiti migliori, e andiamo nel nostro migliore teatro a sentire eseguire dai nostri migliori musicisti l’ultima sinfonia del nostro migliore compositore».
Paolo Nori da un articolo su Libero 1 giugno 2012