venerdì 27 maggio 2011

Il mondo dei poeti


Per esempio è appena uscito un libro, per la collana bianca di Einaudi, in cui sono raccolte le poesie di Nino Pedretti, poesie nel dialetto di Santarcangelo di Romagna, che dev’esser un paese, Guerra, Baldini, Pedretti, che son dei poeti, eccezionali, non so, ne leggo una, di Perdetti, in una traduzione un po’ rimaneggiata:


Non ditemi che il mondo è brutto,
malato, ridotto in merda,
il mondo ha bisogno di esser bello,
anche se ti urla il cuore,
anche se ti strappano le dita.

Ecco questa poesia qua, secondo me, quando ti chiedono, delle volte te lo chiedono, Perché scrive? Che è una domanda che non è tanto bella, sentirsela fare, che potrebbe sottendere un’altra domanda Perché non fa magari dell’altro, io quando mi chiedon così gli rispondo Per disperazione, che non è una gran bella riposta però è vero, io mi son messo a scrivere per disperazione, Luigi Malerba una volta quando gliel’han chiesto lui ha risposto Per capire quello che penso, che è una bella risposta, ma secondo me, a pensarci, una risposta ancora più bella sarebbe questa qua, Perché scrive? Non ditemi che il mondo è brutto, malato, ridotto in merda, il mondo ha bisogno di esser bello, anche se ti urla il cuore, anche se ti strappano le dita.


Paolo Nori La matematica è scolpita nel granito, Diari del Cabudanne de sos poetas 2006-2010., Ed. Perda Sonadora Imprentas.
Disponibile in e-book Sugaman
 

mercoledì 25 maggio 2011

Stupore

Forse si tratta di fondare finalmente la nostra propria antropologia: quella che parlerà di noi, che andrà cercando dentro di noi quello che abbiamo rubato così a lungo agli altri.
Non più l’esotico, ma l’endotico.
Interrogare quello che ci sembra talmente evidente da averne dimenticato l’origine.
Ritrovare qualcosa dello stupore che potevano provare Jules Verne o i suoi lettori di fronte a un apparecchio capace di riprodurre e trasportare i suoni.
Perché è esistito, questo stupore, e con esso, migliaia di altri, che ci hanno plasmato.
Ciò che dobbiamo interrogare, sono i mattoni, il cemento, il vetro, le nostre maniere a tavola, i nostri utensili, i nostri strumenti, i nostri orari, i nostri ritmi. Interrogare ciò che sembra aver smesso per sempre di stupirci.
Viviamo, certo, respiriamo, certo; camminiamo, apriamo porte, scendiamo scale, ci sediamo intorno a un tavolo per mangiare, ci corichiamo in un letto per dormire. Come? Dove? Quando? Perché?
Georges Perec, L'infra-ordinario, Torino, Bollati Boringhieri 1994

martedì 24 maggio 2011

Domande

Domande:
Cos’è il mondo?
Cos’è l’uomo?
Cos’è la vita?
Cos’è la morte?
Cos’è la libertà?
Cos’è l’amore?
Cos’è la felicità?
Risposte:
Le domande sono eterne.
Le risposte sono passeggere
.
Ivan Kulekov, Senza Titolo, Biblioteca del Vascello, 1991

venerdì 20 maggio 2011

IL Mito dell'Origine

Fu Hermes, il signore dell’aria, colui che conduce il profumo della rosa alll’amante e lo risveglia dal sonno, fu lui a donare un giorno ai mortali il divino gioco della trottola. Il cerchio stava sopra come il cielo, il quadrato stava sotto, come la terra. Con l’ausilio di un perno assiale il cerchio poteva girare nel quadrato e il quadrato possedeva un centro. Gli uomini giocarono a lungo questo gioco divino, e nel gioco del mondo danzarono di buon grado. Poi un giorno un bimbo ammalato, consumato da un tedio inguaribile, ruppe il giocattolo, da sempre muto al suo cuore. Allora ciò che è in basso si allontanò da ciò che è in alto, il conforme si mutò in dissimile e dell’antica musica si perse anche il ricordo. Molti, molti anni dopo il filosofo, passeggiando sulla spiaggia, ritrovò i due pezzi e si provò ad avvicinarli, ma nessuna armonia ne scaturì perché mancava ancora il perno: qualcosa come un albero, che avesse radici nel cielo.

Racconto di V. Binaghi http://valterbinaghi.wordpress.com/

giovedì 19 maggio 2011

La mappa e il territorio

"E' molto bello il vostro pianeta. Ci sono degli oceani?" "Non lo posso sapere", disse il geografo. "Ah! (il piccolo principe fu deluso). E delle montagne?" "Non lo posso sapere", disse il geografo. "E delle città e dei fiumi e dei deserti?" "Non lo posso sapere", disse il geografo. "Ma siete un geografo!" "Esatto", disse il geografo, "ma non sono un esploratore. Manco completamente di esploratori. Non è il geografo che va a fare il conto delle città, dei fiumi, delle montagne, dei mari, degli oceani e dei deserti. Il geografo è troppo importante per andare in giro. Non lascia mai il suo ufficio, ma riceve gli esploratori, li interroga e prende appunti sui loro ricordi. E se i ricordi di uno di loro gli sembrano interessanti, il geografo fa fare un'inchiesta sulla moralità dell'esploratore". (…) "Dunque, quando la moralità dell'esploratore sembra buona, si fa un'inchiesta sulla sua scoperta". "Si va a vedere?" "No, è troppo complicato. Ma si esige che l'esploratore fornisca le prove. Per esempio, se si tratta di una grossa montagna, si esige che riporti delle grosse pietre". (…) "O anche un fiore." "Noi non annotiamo i fiori," disse il geografo. "Perché? Sono la cosa più bella." "Perché i fiori sono effimeri." (…) "Le geografie", disse il geografo, "sono i libri più preziosi fra tutti i libri. Non passano mai di moda. E' molto raro che una montagna cambi di posto. E' molto raro che un oceano si prosciughi. Noi descriviamo delle cose eterne".

Saint-Exupéry A. [1943], Il piccolo principe, Bompiani, Milano, 1994.

venerdì 6 maggio 2011

Su verità e menzogna in senso extramorale di Friedrich Wilhelm Nietzsche

In un angolo remoto dell’universo scintillante e diffuso attraverso infiniti sistemi solari c’era una volta un astro, su cui animali intelligenti scoprirono la conoscenza.

Fu il minuto più tracotante e più menzognero della «storia del mondo»: ma tutto ciò durò soltanto un minuto. Dopo pochi respiri della natura, la stella si irrigidì e gli animali intelligenti dovettero morire.

Qualcuno potrebbe inventare una favola di questo genere, ma non riuscirebbe tuttavia a illustrare sufficientemente quanto misero, spettrale, fugace, privo di scopo e arbitrario sia il comportamento dell’intelletto umano entro la natura. Vi furono eternità in cui esso non esisteva; quando per lui tutto sarà nuovamente finito, non sarà avvenuto nulla di notevole. Per quell’intelletto, difatti, non esiste una missione ulteriore che conduca al di là della vita umana. Esso piuttosto è umano, e soltanto chi lo possiede e lo produce può considerarlo tanto pateticamente, come se i cardini del mondo ruotassero su di lui.

Se noi riuscissimo a intenderci con la zanzara, apprenderemmo che anch’essa nuota attraverso l’aria con questo pathos e si sente il centro – che vola – di questo mondo.

mercoledì 4 maggio 2011

Le due anfore

C’era una volta un’anziana donna cinese che, aveva due grosse anfore appese all’estremità di una canna che portava sulle spalle. Una delle anfore aveva una crepa, mentre l’altra era perfetta e conservava sempre tutta l’acqua. Alla fine del lungo cammino, dal fiume a casa, la vecchia donna restava con l’anfora piena solo a metà. Per due anni interi andò avanti così, con la donna che portava a casa solo un’anfora piena e un’anfora piena solo a metà.

L’anfora vecchia e screpolata si sentiva umiliata e inutile, tanto più che l’anfora nuova non perdeva l’occasione di far notare la sua perfezione. Dopo due anni, che a lei sembravano un fallimento senza fine, l’anfora parlò così alla vecchia donna: “io mi vergogno della mia perdita, verso sempre acqua lungo il tragitto verso casa.”
La vecchia donna sorrise: “non hai notato che dal tuo lato della strada fioriscono i fiori, ma non dal lato dell’altra anfora? Io ho messo dal tuo lato della strada dei semi di fiori, perché ero consapevole del tuo difetto. Ora tu li annaffi ogni giorno quando torniamo a casa. Per due anni ho potuto raccogliere questi meravigliosi fiori e ornare la tavola con essi. Se tu non fossi esattamente così, come tu sei, non esisterebbe questa bellezza che adorna la nostra casa.

La vecchia anfora non lo disse mai a nessuno, ma quel giorno si sentì morire di gioia.