domenica 7 agosto 2011

Il gusto dell'aprirsi all'altro

Che cosa farai con un carrettino di legno, con una bambola di pezza, con una conchiglia a metà affondata nella sabbia se sei ancora nella fase della vita umana in cui si cammina a quattro zampe e ci si stupisce di tutto, e se per un attimo sei riuscito a evadere il marcamento ossessivo di quegli isterici giganti che non sono mai stupiti ma sembrano sempre spaventati? È chiaro: li metterai in bocca e assaporerai fino in fondo la fragranza acidula della vernice che ricopre il carretto, la vena pastosa della bambola, il sole e l’acqua salata di cui è intrisa la conchiglia. Il mondo, per te, è un repertorio di gusti, un serbatoio inesauribile di affascinanti misteri da svelare mettendoli a stretto contatto con l’interno del tuo corpo, con quella parte del tuo essere più nascosto che sa aprirsi e richiudersi su ciò che è altro da te, e succhiarlo e spremerlo e addentarlo e tormentarlo finché non ti ha comunicato i suoi segreti.

Ermanno Bencivenga La filosofia come strumento di liberazione, Raffaello Cortina Editore, Milano 2010

venerdì 5 agosto 2011

Perchè la filosofia

Genio e talento sono due cose distinte. Talvolta si definisce il talento genio a causa della sua somiglianza al genio. Il genio è il talento originario di molti: è il talento scevro di finalità.
Il talento di cui necessita la filosofia è diverso da quello necessario per la matematica, come si è detto in precedenza. Il matematico è un grande architetto. Attraverso l’ordine egli può essere molto utile alla filosofia, ma non l’arricchirà di nuovi concetti: Quando bisogna costruire un concetto, il matematico può fare meraviglie, ma con i concetti discorsivi non combinerà nulla, a meno che non abbia anche una mente filosofica.

Del talento filosofico sono propri l’arguzia e la facoltà di considerare sia il generale nel concreto sia il particolare nell’astratto.

Si può imparare la filosofia? A questa domanda si è già risposto prima. – Bisogna però imparare a filosofare? – Ciò che ha un’utilità così grande come la filosofia non ha bisogno di essere raccomandato; le lodi sono superflue quando i vantaggi saltano all’occhio in modo così evidente.

Carattere della filosofia. Filosofico significa:
1. libero dall’imitazione
2. libero dall’affezione.

La filosofia fa entrambe le cose. Il molto sapere rende tronfi, la filosofia invece modera la superbia ed è l’unica cura contro di essa. Quando giunge fin dove è possibile agli uomini, là la filosofia fissa i confini e mostra la scarsa utilità di molte conoscenze. La filosofia dovrebbe servire a riconoscere qualcosa come buono in sé e non perché lo vogliono gli altri o perché esse viene richiesto. Bisogna cercare di essere saggi e non di accumulare soltanto conoscenze speculative, perché il sapere lascia un grande vuoto.

Immanuel Kant (1724-1804) Enciclopedia filosofica (1767-82)

giovedì 4 agosto 2011

Segni e simboli del riconoscimento

In quel medesimo giorno, due dei discepoli si trovavano in cammino verso un villaggio, detto Emmaus, distante circa sessanta stadi da Gerusalemme, e discorrevano fra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano e discutevano, Gesù si avvicinò e si mise a camminare con loro. Ma i loro occhi erano impediti dal riconoscerlo. Egli disse loro: «Che discorsi sono questi che vi scambiate l’un l’altro, cammin facendo?». Si fermarono, tristi. Uno di loro, di nome Cleopa, gli disse: «Tu solo sei straniero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni? ». Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Il caso di Gesù, il Nazareno, che era un profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i gran sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per essere condannato a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui quello che avrebbe liberato Israele. Ma siamo già al terzo giorno da quando sono accaduti questi fatti. Tuttavia alcune donne tra noi ci hanno sconvolti. Esse si sono recate di buon mattino al sepolcro, ma non hanno trovato il suo corpo. Sono tornate a dirci di aver avuto una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcun, dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato tutto come avevano detto le donne, ma lui no l’hanno visto» Allora egli disse loro: « O stolti, e tardi di cuore a credere a quello che hanno detto i profeti! Non doveva forse il Cristo patire, tutto questo ed entrare nella sua gloria?». E cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro quanto lo riguardava in tutte le Scritture. “Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece finta di proseguire. Ma essi lo costrinsero a fermarsi, dicendo: «Resta con noi, perché si fa sera ed il sole ormai tramonta». Egli entrò per rimanere con loro. Or avvenne che mentre si trovava a tavola con loro prese il pane, pronunciò la benedizione, lo spezzò e lo distribuì loro. Allora si aprirono i loro occhi e lo riconobbero. Ma egli disparve ai loro sguardi. Si dissero allora l’un l’altro: «Non ardeva forse il nostro cuore quando egli, lungo la via, ci parlava e ci spiegava le Scritture?». Quindi si alzarono e ritornarono subito a Gerusalemme, dove trovarono gli Undici riuniti e quelli che erano con loro. Costoro dicevano: «Il Signore è veramente risorto ed è apparso a Simone ». Ed essi raccontarono ciò che era accaduto lungo il cammino e come l’avevano riconosciuto allo spezzare del pane. (Luca 24, 13-35)

Epistemologia del riconoscimento

Molti lettori saranno certamente tentati di dire che ciò che muta con un paradigma è soltanto il modo in cui lo scienziato interpreta le osservazioni che, per se stesse, sono determinate una volta per tutte dalla natura dell’ambiente e dell’apparato percettivo. […]

Ciò che avviene durante una rivoluzione scientifica non è completamente riducibile a una reinterpretazione di dati particolari e stabiliti una volta per tutte. In primo luogo, i dati non sono stabiliti inequivocabilmente. Un pendolo non è una pietra che cade, l’ossigeno è aria deflogistizzata. Di conseguenza, i dati che lo scienziato raccoglie da questi oggetti diversi, sono essi stessi differenti… […] Gli scienziati perciò parlano spesso di «un velo che casca dagli occhi» o di «un lampo» che «illumina» un rompicapo precedentemente oscuro, mostrando così i suoi elementi sotto una luce nuova che per la prima volta permette di giungere alla soluzione. In altre occasioni, la illuminazione necessaria avviene nel subconscio. Nessun senso comune del termine ‘interpretazione’ corrisponde a questi lampi d’intuizione attraverso cui nasce un nuovo paradigma.
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Thomas Samuel Kuhn La Struttura delle rivoluzioni scientifiche. Come mutano le idee della scienza, del 1967 (ed. italiana Einaudi, Torino 1978)

lunedì 1 agosto 2011

Mercoledì 3 agosto dalle 20,00 allo Spazio dell'anima l'ultimo incontro di Filosofia in giardino: Fraternità

Nella Dichiarazione dei diritti e doveri del cittadino, parte integrante e iniziale della Costituzione francesce dell'anno III (1795), la Fraternité, terzo elemento del motto repubblicano, è definita così: 'Non fate agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi; fate costantemente agli altri il bene che vorreste ricevere'. Ma proprio la fraternità ha avuto il destino di essere relegata ad un ruolo marginale nella storia successiva. L’interesse per la creazione di un clima fraterno di fiducia generalizzata, senza la quale sarebbe compromessa l’esistenza stessa della società, e quello per la libertà di autorealizzazione dei soggetti è passato del tutto in secondo piano. Oggi il principio di fraternità potrebbe porsi non solo come principio morale, confessionale o astratto ma come principio politico, come fondamento che, permettendo agli uguali di essere diversi, potrebbe costituire il paradigma sul quale strutturare nuovi percorsi di integrazione multiculturale. Il principio di fraternità, infatti, afferma una logica della reciprocità e stabilisce tra le persone un legame orizzontale che permette di essere l’uno risorsa per l’altro.

Ci troviamo di fronte ancora una volta a un'esperienza apparentemente comune e un concetto sul quale raramente ci fermiamo a riflettere. Nell'ultimo incontro di Filosofia in giardino lo faremo insieme e sarà bello anche chiedersi se questa nostra pratica non possa definirsi anche una 'pratica di fratellanza'.

Allo Spazio dell'anima mercoledì 3 agosto prossimo.