venerdì 16 dicembre 2011

De Rerum Natura

Oggi ogni ramo della scienza sembra ci voglia dimostrare che il mondo si regge su entità sottilissime: come i messaggi del DNA, gli impulsi dei neuroni, i quarks, i neutrini vaganti nello spazio dall'inizio dei tempi... Poi l'infomatica (....). La seconda rivoluzione industriale non si presenta come la prima con immagini schiaccianti quali presse di laminatoi o colate d'acciaio, ma come i bits d'un flusso d'informazione che corre sui circuiti sotto forma d'impulsi elettronici. Le macchine di ferro ci sono sempre, ma obbediscono ai bits senza peso.

E' legittimo estrapolare dal discorso delle scienze un'immagine del mondo che corrisponda ai miei desideri? Se l'operazione che sto tentando mi attrae, è perché sento che essa potrebbe riannodarsi a un filo molto antico nella storia della poesia.

Il De rerum natura di Lucrezio è la prima grande opera di poesia in cui la conoscenza del mondo diventa dissoluzione della compattezza del mondo, percezione di ciò che è infinitamente minuto e mobile e leggero. Lucrezio vuole scrivere il poema della materia ma ci avverte subito che la vera realtà di questa materia è fatta di corpuscoli invisibili. E' il poeta della concretezza fisica, vista nella sua sostanza permanente e immutabile, ma per prima cosa ci dice che il vuoto è altrettanto concreto che i corpi solidi. La più grande preoccupazione di Lucrezio sembra quella di evitare che il peso della materia ci schiacci. Al momento di stabilire le rigorose leggi meccaniche che determinano ogni evento, egli sente il bisogno di permettere agli atomi delle deviazioni imprevedibili dalla linea retta, tali da garantire la libertà tanto alla materia quanto agli esseri umani. La poesia dell'invisibile, la poesia delle infinite potenzialità imprevedibili, cosi come la poesia del nulla nascono da un poeta che non ha dubbi sulla fisicità del mondo.

Questa polverizzazione della realtà s'estende anche agli aspetti visibili, ed è là che eccelle la qualità poetica di Lucrezio: i granelli di polvere che turbinano in un raggio di sole in una stanza buia (II, 114-124); le minute conchiglie tutte simili e tutte diverse che l'onda mollemente spinge sulla bibula barena, sulla sabbia che s'imbeve (II, 374-376); le ragnatele che ci avvolgono senza che noi ce ne accorgiamo mentre camminiamo (III, 381-390).

I. Calvino, Lezioni Americane, Garzanti, Milano, 1993

martedì 13 dicembre 2011

Tre metamorfosi

Tre metamorfosi io vi nomino dello spirito: come lo spirito diventa cammello, e il cammello leone, e infine il leone fanciullo.

Molte cose pesanti vi sono per lo spirito, lo spirito forte e paziente nel quale abita la venerazione: la sua forza anela verso le cose pesanti, piú difficili a portare.
Che cosa è gravoso? domanda lo spirito paziente e piega le ginocchia, come il cammello, e vuol essere ben caricato.
Qual è la cosa piú gravosa da portare, eroi? così chiede lo spirito paziente, affinché io la prenda su di me e possa rallegrarmi della mia robustezza.
Non è forse questo: umiliarsi per far male alla propria alterigia? Far rilucere la propria follia per deridere la propria saggezza?
Oppure è: separarsi dalla propria causa quando essa celebra la sua vittoria? Salire sulle cime dei monti per tentare il tentatore?
Oppure è: nutrirsi delle ghiande e dell’erba della conoscenza e a causa della verità soffrire la fame dell’anima?
Oppure è: essere ammalato e mandare a casa coloro che vogliono consolarti, e invece fare amicizia coi sordi, che mai odono ciò che tu vuoi?
Oppure è: scendere nell’acqua sporca, purché sia l’acqua della verità, senza respingere rane fredde o caldi rospi?
Oppure è: amare quelli che ci disprezzano e porgere la mano allo spettro quando ci vuol fare paura?
Tutte queste cose, le più gravose da portare, lo spirito paziente prende su di sé: come il cammello che corre in fretta nel deserto sotto il suo carico, così corre anche lui nel suo deserto.
Ma là dove il deserto è più solitario avviene la seconda metamorfosi: qui lo spirito diventa leone, egli vuol come preda la sua libertà ed essere signore nel proprio deserto.
Qui cerca il suo ultimo signore: il nemico di lui e del suo ultimo dio vuol egli diventare, con il grande drago vuol egli combattere per la vittoria.
Chi è il grande drago, che lo spirito non vuol più chiamare signore e dio? “Tu devi” si chiama il grande drago. Ma lo spirito del leone dice “io voglio”.
“Tu devi” gli sbarra il cammino, un rettile dalle squame scintillanti come l’oro, e su ogni squama splende a lettere d’oro “tu devi!”.
Valori millenari rilucono su queste squame e cosí parla il piú possente dei draghi: “tutti i valori delle cose – risplendono su di me”.
“Tutti i valori sono già stati creati, e io sono ogni valore creato. In verità non ha da essere piú alcun “io voglio!”. Cosí parla il drago.
Fratelli, perché il leone è necessario allo spirito? Perché non basta la bestia da soma, che a tutto rinuncia ed è piena di venerazione?
Creare valori nuovi – di ciò il leone non è ancora capace: ma crearsi la libertà per una nuova creazione – di questo è capace la potenza del leone.
Crearsi la libertà e un no sacro anche verso il dovere: per questo, fratelli, è necessario il leone.
Prendersi il diritto per valori nuovi, questo è il piú terribile atto di prendere, per uno spirito paziente e venerante. In verità è un depredare per lui e il compito di una bestia da preda.
Un tempo egli amava come la cosa piú sacra il “tu devi”: ora è costretto a trovare illusione e arbitrio anche nelle cose piú sacre, per predar via libertà dal suo amore: per questa rapina occorre il leone.
Ma ditemi, fratelli, che cosa sa fare il fanciullo, che neppure il leone era in grado di fare? Perché il leone rapace deve anche diventare un fanciullo?
Innocenza è il fanciullo e oblio, un nuovo inizio, un giuoco, una ruota ruotante da sola, un primo moto, un sacro dire di sì.
Sì, per il giuoco della creazione, fratelli, occorre un sacro dire di sì: ora lo spirito vuole la sua volontà, il perduto per il mondo conquista per sé il suo mondo.

Tre metamorfosi vi ho nominato dello spirito: come lo spirito divenne cammello, leone il cammello, e infine il leone fanciullo.
Cosí parlò Zarathustra. Allora egli soggiornava nella città che è chiamata: “Vacca pezzata”.

F. Nietzsche, Cosí parlò Zarathustra

lunedì 12 dicembre 2011

Filosofia a Tor Fiscale



In parole povere è il titolo dell’edizione 2011 di Filosofare è Partecipare, una iniziativa del Municipio Roma 9 curata dalla Scuola popolare di filosofia Spazi dell’anima.“A seguito del successo dell’edizione 2010, si rinnova l’offerta di un’esperienza culturale ricca e innovativa attraverso la quale tutti, agendo da protagonisti attenti e rispettosi nella pratica del dialogo, possono migliorare la capacità di confronto reciproco e la consapevolezza di sè, degli altri e del ruolo di ciascuno per il rafforzamento di una comunità viva e attiva”.
SUSI FANTINO, Presidente IX Municipio
ALESSANDRA SACCHI, Assessore alle Politiche Sociali IX Municipio
DARIO NANNI, Consigliere Roma Capitale



L'intento di questo nuovo ciclo di incontri è quello di indagare temi e comportamenti dati per scontati, su cui non ci si interroga più, su cui non ci si confronta più con altri così come sui 'luoghi comuni' che abbiamo scento come titoli di ciascun incontro. Ancora una volta un'opportunità per sperimentare una pratica dialogica che chiamando tutti a partecipare, invitando a mettere in discussione le convinzioni da ciascuno acquisite come 'certezze' per allargare il proprio sguardo ai punti di vista diversi portati dai partecipanti per uscirne certamente arricchiti e forse anche un po' trasformati, è anche una pratica autenticamente politica.

Tutti gli incontri si terranno dalle 10,00 alle 12,00 presso il casale museo del 

Scarica la
locandina del progetto e il calendario.
parco di Torre del Fiscale , in via dell' Acquedotto Felice 120.
L'area del parco che include un piccolo quartiere di origini agricole, dichiarata di enorme importanza dalla Soprintendenza Archeologica di Roma, è stata vincolata dal Ministero dei Beni Culturali e Ambientali e rientra nei confini dell'Ente Regionale Parco Appia Antica. Si trova al centro dei più importanti siti turistici-archeologici di Roma sud: Via Appia Antica, Parco degli Acquedotti Romani, Parco delle Tombe Latine, Parco della Caffarella, ed è attraversata dall' antico tracciato della Via Latina.
Il quartiere è una ex borgata, che ha visto compiersi tutti gli episodi di degrado sociale ed urbanistico propri di tali situazioni. La lotta condotta, dall'associazione che oggi gestisce il sito, per il recupero di questo pezzo di città e dei suoi abitanti parte da lontano, è stata incoraggiata, nel corso degli anni, da importanti conquiste come l'arrivo dei servizi, l'attuazione di un Piano Particolareggiato Urbanistico, la realizzazione di un Parco Pubblico archeologico di grande pregio con l'annessione di edifici destinati a servizi pubblici. Per questo assume per noi anche un valore simbolico permettendoci di continuare a credere che, da cittadini, si può partecipare attivamente a costruire il futuro.