lunedì 27 febbraio 2012

Azione e Trasformazione



Confondere l'azione con la trasformazione è la principale ingenuità di un gran numero di tecniche terapeutiche sia psicologiche che corporee.
Il pensiero cinese ci porta a chiarire in che cosa la trasformazione differisca dall’azione. I due termini, infatti, possono essere opposti sistematicamente.
Dell’azione, direi:
1) che è momentanea – anche se questo momento può durare a lungo (magari dieci anni, come la guerra di Troia);
2) che è locale: si svolge qui e ora, hic et nunc;
3) che rinvia esplicitamente a un soggetto, che può essere collettivo: noi, gli achei, sotto le mura di Troia…
In quanto è momentanea, locale e rinvia a un Io-soggetto, l'azione si smarca dal corso delle cose.
La trasformazione invece si può dire che:
1) che è non locale ma globale: a trasformarsi è tutto il complesso considerato;
2) che non può essere momentanea ma si estende nella durata: è progressiva e contigua, è sempre necessario uno svolgimento, detto altrimenti un processo;
3) che non rinvia a un determinato soggetto ma procede discretamente attraverso l'influsso, su un registro diffuso, pregnante, pervasivo.
La trasformazione, quindi, non si vede. Si notano solo i risultati. Non si vede il frutto nel mentre della sua maturazione, ma un giorno si constata che è maturo, pronto a cadere.

Da F. Jullien: Pensare l'efficacia in Cina e in Occidente, Laterza, Roma-Bari 2006