venerdì 23 marzo 2012

L'attimo fuggente

«Se una fotografia deve comunicare il soggetto in tutta la sua intensità, le relazioni formali devono essere rigorosamente stabilite. La fotografia implica il riconoscimento di un ritmo  nel mondo delle cose reali.
Ciò che fa l'occhio è cercare e concentrare l'attenzione su un particolare soggetto nel grande insieme della realtà; ciò che fa la macchina fotografica è semplicemente registrare sulla pellicola la decisione presa dall'occhio.
Noi guardiamo e  percepiamo una fotografia, così come un dipinto, nella sua totalità e in una sola occhiata.  In  una fotografia, la composizione è il risultato della simultanea coalizione e dell'organica organizzazione degli elementi visti dall'occhio. Non si deve aggiungere la composizione  come se fosse una riflessione successiva sovrapposta al soggetto di partenza, poiché è  impossibile separare il contenuto dalla forma. La composizione deve avere una sua  necessità.
 Esiste in fotografia un nuovo tipo di plasticità, prodotta dalle linee istantanee create dai  movimenti del soggetto. Noi lavoriamo all'unisono con il movimento, come se fosse un  presentimento del modo in cui si svolge la vita stessa. Ma dentro il movimento c'è un  momento nel quale gli elementi che si muovono sono in equilibrio. La fotografia  deve coglier questo momento e fermarne l'equilibrio.
 L'occhio del fotografo compie un continuo lavoro di valutazione. Il fotografo può far  coincidere le linee semplicemente spostando la testa di una frazione di millimetro. Può  modificare la prospettiva con un leggero piegamento delle ginocchia. Ponendo la macchina  più vicino o più lontano dal soggetto può disegnare un dettaglio - e questo può essere  subordinato oppure tiranneggiare l'immagine. Compone una fotografia quasi esattamente  nello stesso tempo che è necessario a schiacciare il pulsante, alla velocità di un riflesso condizionato.
A volte accade di temporeggiare, indugiare, aspettare che qualcosa accada. A volte si ha l'impressione che tutti gli elementi dell'immagine siano presenti - tutti tranne uno che sembra mancare. Ma quale? Magari una figura entra improvvisamente nell'inquadratura.
Segui il suo procedere nel mirino. Aspetti, aspetti ancora, e alla fine schiacci il pulsante - e te ne vai con la sensazione (anche se non sai perché) di avere davvero colto qualcosa.  Dopo, come verifica, puoi prendere la stampa di quella immagine e rintracciare su di essa le figure geometriche che si evidenziano all'analisi ; osserverai che, se lo scatto è avvenuto nel momento decisivo, avrai istintivamente fissato una struttura geometrica in assenza della quale la fotografia sarebbe stata senza forma e senza vita (...) »             
Henri Cartier-Bresson, Images a la sauvette