Nata sulla cima di una montagna, la piccola sorgente danza giù per la sua strada. Il ruscello canta mentre scorre. Vuole andare veloce. Non è capace di andare piano. Correre, affrettarsi è l’unico modo per lui, forse persino volare. Vuole arrivare. Arrivare dove? Arrivare all’oceano. Ha sentito del profondo, bell’oceano blu. Diventare un tutt’uno con l’oceano: è questo che vuole.
Scendendo verso le pianure, cresce e diventa un giovane fiume. Serpeggiando in mezzo ai bei prati, deve rallentare.
“Perché non posso correre come quando ero un torrente? Voglio raggiungere il profondo, bell’oceano blu. Se vado avanti così piano, come potrò davvero arrivarci?” Quando era un torrente, non era contento di quello che era. Voleva proprio diventare un fiume... Ma come fiume, non è felice lo stesso. Non può sopportare di andare così piano.
Così, mentre rallenta, il giovane fiume comincia a notare le belle nuvole riflesse nell’acqua. Sono di differenti colori e forme che fluttuano nel cielo, e sembrano essere libere di andare dove vogliono. Desiderando di diventare una nuvola, comincia ad inseguirle, una dopo l’altra. “Non sono felice come fiume, voglio essere come te, altrimenti soffrirò. La vita non vale davvero la pena di essere vissuta.”
Così il fiume si mette a giocare. Insegue le nuvole. Impara a ridere e a piangere. Ma le nuvole non stanno nello stesso posto a lungo. “Loro si riflettono nella mia acqua e poi se ne vanno. Nessuna nuvola sembra affidabile. Ogni nuvola che conosco mi ha lasciato. Nessuna nuvola mi ha dato mai soddisfazione e felicità. Odio il loro tradimento.” L’eccitazione di inseguire le nuvole non valeva la pena della sofferenza e della disperazione.
Un pomeriggio, un vento forte spazzò via tutte le nuvole. Il cielo diventò disperatamente vuoto. Non c’erano più nuvole da inseguire. La vita diventava vuota per il fiume. Si sentiva così solo che non voleva più vivere. Ma come può morire un fiume? Come fai a diventare niente? Come fai a diventare nessuno? E’ possibile?
Durante la notte, il fiume ritornò in sé. Non riusciva a dormire. Ascoltava il suo pianto, lo sciabordio dell’acqua sulle sue rive.
Era la prima volta che ascoltava profondamente se stesso, e in questo modo scoprì qualcosa di molto importante: la sua acqua era fatta di nuvole. Aveva rincorso le nuvole e non sapeva che le nuvole erano nella sua natura. Il fiume si accorse che l’oggetto della sua ricerca era dentro di lui. Trovò la pace. Improvvisamente, si poteva fermare. Non sentiva più il bisogno di correre dietro a qualcosa fuori di lui. Era già quello che voleva diventare. La pace che provava era davvero soddisfacente e gli portò un profondo riposo, un sonno profondo.
Quando il fiume si svegliò il mattino seguente, scoprì qualcosa di nuovo e meraviglioso riflesso nella sua acqua: il cielo blu. ”Come è profondo e calmo. Il cielo è immenso, stabile, accogliente e completamente libero.” Sembrava impossibile credere che fosse la prima volta che il fiume rifletteva il cielo nella sua acqua. Ma era vero, perché in passato, era interessato solo alle nuvole, e non aveva mai fatto attenzione al cielo. Nessuna nuvola poteva lasciare il cielo. Sapeva che le nuvole erano lì, nascoste da qualche parte nel cielo blu. Il cielo deve contenere in sé tutte le nuvole e tutte le acque. Le nuvole sembrano impermanenti, ma il cielo è sempre lì, come la casa affidabile di tutte le nuvole.
Contattando il cielo, il fiume contattò la stabilità, Toccò il punto di arrivo. In passato aveva contattato solo il venire, andare, esserci e non esserci delle nuvole. Ora poteva contattare la casa di tutte i venire, andare, esserci e non esserci. Nessuno poteva più portar via il cielo dalle sue acque. Che meraviglia era fermarsi e essere in contatto! Il fermarsi e l’essere in contatto portò a lui vera stabilità e pace. Era arrivato a casa.
Quel pomeriggio, il vento smise di soffiare. Le nuvole tornarono una ad una. Il fiume era diventato saggio. Era capace di accogliere ogni nuvola con un sorriso. Le nuvole di differenti colori e forme sembravano le stesse, ma questa volta non erano le stesse per il fiume. Non sentì il bisogno di impossessarsi o di inseguire nessuna nuvola in particolare. Sorrise a ciascuna nuvola con equanimità e gentilezza amorevole. Gioì dei loro riflessi nella sua acqua. Ma quando svanirono, il fiume non si sentì abbandonato. Le salutò dicendo “Arrivederci, buon viaggio”. Non era più legato a nessuna delle nuvole.
Fu un giorno felice. La notte, quando il fiume aprì tranquillamente il suo cuore al cielo, ricevette la più splendida immagine mai riflessa nella sua acqua: una bella luna piena, una luna così luminosa, ristoratrice, sorridente.
La luna-piena del Buddha viaggia
nel cielo più vuoto.
Se i fiumi degli esseri viventi sono calmi,
la luna ristoratrice si rifletterà
meravigliosamente nella loro acqua.
Tutto lo spazio sembrava essere lì per la gioia della luna, e lei pareva completamente libera. Il fiume rifletteva la luna nella sua acqua e godeva della stessa libertà e felicità.
Che meravigliosa notte di festa per ognuno – il cielo, le nuvole, la luna, le stelle e l’acqua. Nello spazio senza limiti, il cielo, le nuvole, la luna, le stelle e l’acqua gioivano nel camminare in meditazione insieme. Essi camminavano senza bisogno di arrivare in nessun posto, nemmeno all’oceano. Potevano già essere contenti nel momento presente.
Il fiume non aveva bisogno di arrivare all’oceano per diventare acqua. Sapeva di essere acqua per natura, e allo stesso modo la nuvola, la luna, il cielo, le stelle e la neve.
Come avrebbe potuto sfuggire a se stesso? Chi sa di un fiume che non scorre? Un fiume scorre, sicuro. Ma non ha bisogno di affrettarsi.