giovedì 20 gennaio 2011

La cosa che mi piace di più (...un viaggio all'interno della caverna platonica)

Apro il cartone facendo attenzione a non strapparlo di lato e a non tagliarmi. Me lo infilo come una maglia molto larga e riesco a farci uscire solo la testa con i miei ricci ben cotonati. Ogni giorno così, passo il mio tempo prima che mi chiamino per andare a scuola o per il pranzo.
Mi infilo la mia armatura e non rispondo a chi mi chiede cosa faccio. Metto dentro anche la testa con tutti i ricci e sento gli odori che ci sono. I cartoni più interessanti sono quelli degli alimentari, in cui dentro si mischia l'odore del caffè, che io non posso bere, con quello dei biscotti che mangio a colazione, marmellata e cioccolato. Ogni tanto non capisco qualche odore e non mi è mai capitato di riconoscere i miei succhi di frutta. Ma la cosa che mi piace di più, quando sto nel mio cartone e nessuno passa, è farci le puzzette, mettendo subito la testa dentro. Le mie puzzette battono tutto e nella scatola me le posso godere.
Una volta ci ho fatto la pipì. Con un pezzo del cartone come un tubo per farla scivolare fuori dalla scatola. Inginocchiato con la testa sotto, iniziai a fare la pipì, frettoloso e nervoso. La lasciai scorrere, ma presto il colore del tubo diventò più scuro e si ammollò.
Da quel giorno ho capito che la mia pipì non è così veloce ad andarsene e sgocciolando mi è caduta sulle gambe. L'odore era forte e cattivo e mi sentivo appiccicoso.
Il cartone mi piace, mi piace passarci la mano e toccare le pieghe. Con una penna oggi ho fatto due fori cerchiandoli con forza, grossi come una mela, per infilarci le braccia. Così mi sento un po' dentro e un po' fuori e posso battere con le dita sui fianchi per fare una musica suonata tutta per me. Se mi metto seduto e guardo in alto, riesco a vedere sulla mia testa tutto quello che passa come dentro un televisore. Vedo papà che mi saluta prima di rientrare a casa, il sorriso di nonna che mette la testa dentro e mi chiede qualcosa, quasi sempre non sento le voci ma vedo solo le smorfie delle loro facce. Vedo le nuvole, che piano piano si chiudono sulla mia scatola e diventano nere. Vedo la pioggia che scende, e mentre mamma mi chiama perché non devo bagnarmi, apro la bocca per sentirla sulla lingua. non ho mai bevuto la pioggia fuori dal cartone come non ho fatto altre cose, perché fuori non si possono fare.

di Gianni Porcari

Da Rivista “O”  www.omero.it