sabato 15 gennaio 2011

Il tempo e/è l'acqua

Ho sempre aderito all'idea che Dio sia tempo, o almeno che lo sia il Suo spirito. Magari era un'idea mia, di mia fabbricazione, ma adesso non ricordo. In ogni caso ho sempre pensato che se lo spirito di Dio aleggiava sopra la faccia dell'acqua, l'acqua non poteva non rifletterlo. Da qui il mio debole per l'acqua, per le sue pieghe, rughe, increspature e  - poiché sono un nordico - per il suo grigiore. Penso, molto semplicemente, che l'acqua sia l'immagine del tempo, e la notte di Capodanno, con un gusto un po' pagano, cerco sempre di trovarmi vicino all'acqua, possibilmente davanti a un mare o a un oceano, per assistere all'affiorare di una nuova porzione, di un'altra tazza di tempo. Non cerco  una sirenetta nuda a cavallo di una conchiglia - voglio vedere una nuvola o la cresta di un'onda che lambisce la riva a mezzanotte. Questo, per me, è tempo che esce dall'acqua,  e quando fisso il lungo pizzo che depone sulla spiaggia non lo guardo con la curiosità di una zingara sapiente ma con tenerezza e gratitudine.

 Così ho messo gli occhi su questa citta (Ndr. Venezia): questo è il come, e nel mio caso il Perché. Non c'è nulla di freudiano in questa fantasia, o nulla che si ricolleghi specificamente ai cordati, anche se, non c'è dubbio, si potrebbe scoprire qualche nesso evoluzionistico - se non proprio ancestrale - o autobiografico tra il disegno che un'onda lascia sulla sabbia e lo sguardo con cui l'osserva un discendente dell'ittiosauro, un altro mostro anche lui. Il pizzo verticale delle facciate veneziane è il più bel disegno che il tempo - alias- acqua abbia lasciato sulla terraferma, in qualsiasi parte del globo.
In più esiste indubbiamente una corrispondenza  - se non un nesso esplicito -tra la natura rettangolare delle forme di quel pizzo - ossia degli edifici veneziani - e l'anarchia dell'acqua, che disdegna la nozione di forma. È come se lo spazio, consapevole - qui più che in qualsiasi altro luogo - della  propria inferiorità rispetto al tempo, gli rispondesse con l'unica proprietà che il tempo non possiede: con la bellezza. Ed ecco per ché l'acqua prende questa risposta, la torce, la ritorce, la percuote, la sbriciola, ma alla fine la porta pressoché intatta verso il largo, nell'Adriatico.

Josif  Brodskij Fondamenta degli Incurabili, Adelphi