giovedì 18 luglio 2013

Melancolia e futuro



Ritorno al futuro è il titolo di un film di successo che narra di una moderna macchina del tempo. Nel cuore degli anni Ottanta, un adolescente della classe media americana e un inventore scombinato si ritrovano nel 1964 col problema di tornare indietro, all'epoca cui appartengono. La pellicola, nella sua semplicità, dà corpo a una sensazione che nell'Occidente capitalistico durante gli ultimi decenni si è sempre più rafforzata: la storia è finita, il picco umano dell'evoluzione tecnico-economica è stato raggiunto, l'unico modo per cambiare il futuro è tornare sui propri passi. La necessità di tornare indietro e fare diversamente, sulla cui realizzazione fantastica ruota l'intera pellicola, è terreno fertile per la coltura delle passioni melanconiche. Le cito al plurale per sottolineare le molte sfumature e le vesti cangianti sotto le quali la melanconia appare: in un paesaggio serale, in una canzone senza pretese, in un odore che riporta indietro verso tempi lontani. La varietà delle forme sensoriali che travestono la melanconia stona però con un dato altrettanto appariscente: la melanconia gode oggi di una reputazione melliflua e stantia. 

Le maldicenze circa questo stato d'animo riguardano gli ambiti più diversi: dall'articolo del quotidiano al saggio filosofico, dalla teoria politica alla critica d'arte il termine "melanconia" è di solito considerato sinonimo, perlomeno parente prossimo, di "triste", "nostalgico", "bloccato nell'agire e nel dire".
Anche le ricerche che negli ultimi cinquant'anni hanno tentato di riabilitarne la storia e mostrarne la complessità hanno rischiato, loro malgrado, di peggiorare la situazione. Saturno e la melanconia (Klibansky, Panofsky, Saxl, 1964) ha contribuito a legare in modo indissolubile questa passione alla celebre incisione di Dürer con la sua protagonista alata ma immobile.

[…] mentre oggi "melanconia" è divenuto sinonimo di "depressione" e "tristezza nostalgica", alle sue radici la passione che si credeva fosse legata all'azione di una sostanza specifica, la nera bile (la mélaina cholé, da qui il termine italiano), era propria di un temperamento completamente differente. Il melanconico era colui che, messo di fronte a trasformazioni repentine, non riusciva a rendersi subito conto di quel che lui stesso era riuscito a compiere. Nel bene e nel male: nel salvare la città o nell'uccidere i propri compagni, la melanconia è protagonista di una dinamica fatta di azioni e parole volta al cambiamento di una forma di vita.


Marco Mazzeo Melanconia e rivoluzione - Antropologia di una passione perduta, Editori Riuniti, Roma, 2012, Navigazioni