Un uomo che dorme tiene in cerchio
attorno a sé il filo delle ore, l’ordine degli anni e dei mondi. Svegliandosi,
li consulta istintivamente e vi legge in un attimo il punto della terra che
occupa […].
Il fatto è che, quando mi svegliavo in quello stato, mentre il mio
spirito si agitava per cercare, senza riuscirci, di sapere dove fossi, tutto,
le case, i paesi, gli anni, girava intorno a me nel buio. […] Il mio corpo,
troppo intorpidito per muoversi, cercava, a seconda della forma della sua
stanchezza, di ritrovare la posizione delle proprie membra per dedurne la
direzione della parete, la disposizione dei mobili, per ricostruire e dare un
nome alla dimora in cui si trovava.
La memoria di sé, la memoria delle
sue costole, delle sue ginocchia, delle sue spalle, gli presentava una dopo
l’altra parecchie delle camere in cui aveva dormito […]. E, prima ancora che il
mio pensiero, esitante sulla soglia dei tempi e delle forme, avesse
riconosciuto l’abitazione accostando i dettagli, lui – il mio corpo – ricordava
per ognuna il tipo di letto, la disposizione delle porte, l’esposizione delle
finestre, l’esistenza di un corridoio, e insieme le cose che avevo pensato
addormentandomi là e che ritrovavo al risveglio.
Marcel Proust, Dalla parte di Swann [1913], I, I, Roma, Newton Compton, 1990