martedì 18 giugno 2013

Cavalli


In una manciata di millenni l'uomo ha costruito la propria storia, l'ha voluta Civiltà; ha sviluppato la propria dimensione psichica e comportamentale avvalendosi della complicità di un animale che facendosi cavalcatura ne ha potenziato le doti fisiche: l'ha fatto più alto, più veloce, più potente: l'ha fatto cavaliere.

Una linea di frattura ha diviso l'umanità che ha potuto fare affidamento sui cavalli da quella che ha dovuto farne a meno. Cavalcare ha modificato la forma mentale dell'uomo e l'Era delle Macchine non è che lo stadio terminale di uno sviluppo abbastanza cosciente da siglare cavallo\vapore l'unità di misura della potenza meccanica. Era ieri e sembra preistoria.

Un buco nero da cui affiora il vuoto. Come pestilenza un anonimo delirio da contatto per connessione copia e incolla, scarica e mixa, propaganda un vuoto di esperienza e conoscenza stipato di notizie ed intimità esibite. Digitare. Invio.

Ai cavalli è rimasta la dimensione sportiva, l'agonismo sfrenato, la selezione genetica; una funzione alimentare sempre più osteggiata ma che permette la sopravvivenza di tipologie e razze altrimenti scomparse o in via di estinzione. Quanti e quali disagi dovrà curare l'ippoterapia?

Un teatro barbarico, sodalizio di uomini cavalli e montagne, è ardua impresa. Doverosa per la salvaguardia di una condizione umana non riducibile ad uno schermo sia pure tridimensionale, fragrante e pieghevole. Necessaria anche se destinata al fallimento.

Dei cavalli è la bellezza delle forme e nel movimento. La storia dell'Arte lo dimostra e la Letteratura certifica complessità e complicità del sodalizio uomo cavallo. I nostri cavalli sono Maremmani e cavalli d'Appennino: cavalli da lavoro, da basto, da sella , da slitta; residuali di ondate barbariche migratorie, incroci da rimonte militari e, adesso, materiale inconsapevole per progetti di salvaguardia tesi a un miglioramento che li sta estinguendo o mostrificando.
Se li perdessimo ci negheremmo alla memoria che possiede valenze futuribili, impoverendo i nostri giorni. I nostri cavalli sono specchio in cui rimirarci, uno sguardo di luci ed ombre. Il nostro teatro è racconto, visione, musica e canto, doma e monta tradizionali; barbarico per definizione tende all'epica, vive nella luce del sole scegliendo l'imbrunire e mentre calano le tenebre accende quel fuoco da cui tutto è cominciato.

di  Giovanni Lindo Ferretti Appennino Tosco Emiliano, 11 giugno 2013