giovedì 23 maggio 2013

Orlo, bordo, confine


Qui è sempre il confine che domina, il confine tra un paese e l’altro, tra una porta e l’altra, il confine che corre adesso tra l’inverno e la primavera, il confine che mi costituisce, il confine in me, il confine dei miei confini, il non avere altro che confini, il mio essere confine, mangiare confini, prendere aria e forza dai confini, agitarmi sul confine, correre sui confini, tornare sui confini.



Il mio confine tra salute e malattia: l’ipocondria.



Pure l’ansia è un confine, l’ansioso è un animale di confine.



Io vivo di avvistamenti come una sentinella, sono sul bordo, nella mia vita non ho mai frequentato nessun centro.



Aprile è un mese di confine.



Contro la crisi abbiamo solo due armi: il sacro e la poesia. Sta finalmente arrivando il tempo dei percettivi. È un tempo che viene da sud e dai margini. Il centro del mondo e’ al buio. A noi ci fa luce il batticuore.



Orlo bordo confine selve monti mare alberi zolla cane vigna nuvole vacca Lucania San Fele Latronico Trevico panchina sole alba tramonto e vento neve pioggia e altro vento e altra neve e aprile e il verde di maggio e il nero di settembre silenzio senza opinioni luce senza commenti non ho più voglia di parlare di me di dire cosa faccio dove vado non ho voglia di vincere di passare avanti di essere il migliore non ho più voglia di essere qualcuno di arrivare a qualcosa voglio solo che la vita sfili se ne vada da dove è venuta non la trattengo non voglio trattenere niente camminare guardare gli alberi non dire e non fare nient’altro che il giro dei confini andare sempre più dentro a certi confini non superarli non mirare al centro non mirare alle passioni di tutti disertare prendere confidenza col cielo ma farlo senza vantarsene non sputare parole sul mondo e sugli altri camminare uscire perché è uscito il sole uscire prendere un paese passarci dentro non dire nulla del giorno non accostare niente alla solitudine lasciarla intatta lasciare che la solitudine faccia la sua vita svolga la sua storia e così pure la tristezza e la stanchezza essere stanchi tristi e soli è comunque una fortuna, i buoni sentimenti rigano il mondo come quelli cattivi come le parole che diciamo e quelle che non diciamo meglio andarsene in silenzio davanti al mare in mezzo a un bosco davanti al muso di un gatto pensare alle volpi morte sotto la neve alle fatiche delle formiche al verde lucidato dal vento alle nuvole dissolte a quelle che arriveranno guardare il cielo sul confine tra il giorno e la notte guardare il cielo molte volte al giorno è strano che la gente esca fuori e non abbia come primo pensiero quello di guardare il cielo è strano questo andare verso gli altri a guerreggiare meglio sarebbe andarsene dove c’è silenzio passarsi la luce del giorno tra le dita sentire la notte prendersi cura della malattia ma senza che questo diventi un’altra malattia parteggiare per la propria gioia e per quella degli altri andare alzarsi e salire verso la montagna scalare la montagna annusarla prendere il sole che prende la montagna guardare le vacche i cavalli guardare le spine le foglie i ruscelli guardarli senza pensare che siano altro che spine foglie ruscelli non commerciare col mistero con l’ecologia col silenzio con la pace stare sul bordo omettere il centro attraversarlo senza fermarsi c’è un solo centro possibile nella nostra vita questo centro è la morte dunque fin quando siamo vivi è solo questione di orlo di bordo di confine.



Franco Arminio, Geografia commossa dell’Italia interna, Bruno Mondadori, maggio 2013