mercoledì 23 febbraio 2011

Autobiografia di un arcangelo 3 - Fine

Lungo questi soprassalti del sentire m'accadde un giorno di percepire come talvolta fosse inarrestabile la pulsione verso il declino, verso la fine. Abitavo da qualche tempo i pensieri di una ragazza: era dolce il suo sguardo, il seno fiorito, le gambe leggere, i capelli un'onda profumata, la bocca il frutto rosseggiarne di un albero a primavera. La tristezza da tempo la possedeva: così lei svagava con la mente in regioni perse e cupe. Le relazioni con i familiari e con gli amici erano tremolii dell'acqua nella superficie del sentire: non rassicurazioni e legami, ma pallidi fluttuanti fantasmi di un'affettività dispersa. Anche l'amore di un ragazzo che in altri momenti aveva saziato l'arsura del suo vuoto, appariva ora piuttosto come l'ombra inquieta di una possibilità in disfacimento. Quanto a me, in quell'occasione ho lottato strenuamente figurando in lei fantasmi di dolcezza, evocando istanti di piaceri già provati, sospingendo i ricordi più cari, gli abbracci più teneri, verso la soglia di un possibile ritorno. Ho suggerito divagazioni, profili di nuovi incontri, ho insinuato un fisico dolce compiacimento per la bellezza del proprio corpo, ho instillato tutte le sottili percezioni in cui l'attesa prende forma e respiro e sospende la spina di ogni altro sentire. Non sono riuscito a trattenere il nero gesto con il quale la ragazza, prima di godere in pieno il fiore della vita, alla vita ha rinunciato.
Sopravvenne per me l'epoca di uno stato di sospensione: non più angelo tra gli angeli, non più angelo tra gli uomini. Vagavo nei cieli, perso nei pensieri, privo di desideri, non più testimone della gloria altrui, ma neppure confinato nel tumultuante brulichio dell'umano patire. Simulacro di una possibilità dispersa. Immagine di un'alterità sognata e inesistente. Residuo inerte di una celestialità illusoria.

 La mia storia, come vedete, cominciò con una distrazione dalla pienezza della beatitudine, una distrazione che coincise con lo sguardo nello specchio del tempo. So che qualcuno, nel mondo terrestre, può chiamare questa distrazione col nome di vita. Per me, arcangelo crocifisso sul legno della malinconia, è il principio della colpa, il principio della caduta. O forse è la forma compiuta di un'altra perfezione. Una perfezione che per conoscersi si dilata fino a comprendere la sua stessa dissipazione, la sua fuga.

Antonio Prete in Il Racconto Ulteriore a cura di F. Ermini, Moretti &  Vitali, Bergamo, 2006