martedì 8 febbraio 2011

Autobiografia di un arcangelo -1

Pubblichiamo in 3 puntate questa bella riflessione sul tempo di Antonio Prete (in "Il racconto Ulteriore" a cura di F.Ermini - Moretti & Vitali 2006)

La mia sostanza di luce volava tra le sfere celesti, adempiendo i suoi compiti, fissa nel Principio che la costituiva e la muoveva, coessenziale a una beatitudine che era lode dell'universo e concordia con il suo moto. Nulla esisteva al di fuori di questa energia armoniosa: i pensieri e il volo erano la stessa cosa, la prossimità alla visione e la quiete del desiderio avevano lo stesso ritmo luminoso, il canto e il silenzio, la bellezza e l'adorazione erano forme in sé coincidenti, splendenti per questa coincidenza. Fu quando il mio corpoluce si imbattè nella sfera del tempo – nel divenire e consumarsi della materia - che cominciai ad avere una coscienza delle cose accorta e pungente, un senso di me, di me nell'universo, esposto alla malinconia del declino, ma anche alla noia della ripetizione. Fu quello l'inizio della mia avventura. 
Fu quell'incontro che mi condusse, di pensiero in pensiero, verso la decisione di questo racconto.
Scoperto l'assillo del tempo, del suo implacabile avvertimento, la mia contemplazione dell'Eterno cominciò ad avvertire nel cielo il tremolare di una luce obliqua, intermittente: un velo che copriva ogni cosa, ogni evento, rendeva opaca la mia dedizione.
 L'incontro dello specchio del tempo avvenne in modo inatteso. Nella geometria dell'universo ero stato collocato in un punto da cui mi muovevo e a cui tornavo, un punto ch'era anch'esso luce e musica, elemento di un ordine già configurato, immodificabile, assoluto.
Da quel punto partiva e a quel punto tornava la mia partecipazione all'armonia del tutto, in quel punto  nasceva la mia preghiera, la mia stessa esistenza. Tutt'intorno il dispiegarsi, superbamente abbagliante, dell'infinito.
Un giorno - dico ora un giorno, ma la scansione del tempo non era ancora nei miei pensieri - il mio viaggio tra le sfere celesti visse l'esperienza istantanea di un trasalimento, forse di una rivelazione: assistetti alla deflagrazione di una stella. Un corpo immenso, luminoso, infocato e roteante esplodeva in migliaia di frammenti che si sventagliavano nello spazio muovendo verso altri corpi celesti e spegnendosi nel volo. Quell'evento si situò nei miei pensieri come la prima increspatura della celestiale perfezione. Il formarsi di una stella e la sua fine, il movimento di innumerevoli mondi, il viaggio assiduo delle comete, l'addensarsi compatto e vorticoso della materia o il suo lento dissiparsi, insomma tutti gli eventi che mostravano il divenire dell'universo li avevo fino allora considerati come il respiro del Principio, come un batter di ciglia del Fondamento, un'epifania del Nome.
Tutto accadeva perché doveva accadere, tutto si muoveva nell'orizzonte di un ordine. E di questo ordine io ero soltanto un punto, danzante nella sua gloriosa pienezza. Una scintilla di Colui che era prima del divenire, prima del mondo.