What’s in a name? La struggente domanda di Giulietta risuona più attuale che mai
dal momento in cui il nome di Francesco è stato pronunciato dalla Loggia delle
Benedizioni di San Pietro come quello assunto dal nuovo papa.
È un nome
difficile. È un manifesto: riformerò, farò pulizia, diraderò la tenebra,
puntellerò la chiesa che crolla, come Francesco fa nel celebre affresco di
Giotto nella Basilica superiore di Assisi.
Può essere uno slogan, o peggio uno
di quei beffardi rovesciamenti cui ci ha abituato il newspeak contemporaneo:
la Casa delle Libertà, il Ministero dell’Armonia. Ma Francesco non è comunque
un nome che si possa portare in modo indifferente. È un pegno. Una promessa.
In
quelle poche sillabe parla un’idea che è stata centrale per la cultura di
questo paese e per quella dell’intero Occidente: l’idea che il mondo, la vita
umana, la pace, la giustizia sociale, sono doni straordinari che siamo chiamati
tutti a custodire, a difendere, a diffondere. È una responsabilità umana e
storica, non solo religiosa. Ed è questo radicamento nella vicenda terrena,
questa celebrazione della vita pienamente e giustamente vissuta ciò che
essenzialmente c’è
nel nome Francesco.
E in questo nome, da oggi, dovremo necessariamente misurare
i passi del nuovo capo della Chiesa cattolica.
Stefano Chiodi da “Cosa c’è
in un Nome” www.doppiozero.com