Un altro ideale ci precede correndo […]: l’ideale di uno spirito
che ingenuamente, cioè suo malgrado e per esuberante pienezza e possanza,
giuoca con tutto quanto fino a oggi fu detto sacro, buono, intangibile, divino;
uno spirito per il quale il termine supremo, in cui il popolo ragionevolmente
ripone la sua misura di valore, significherebbe già qualcosa come pericolo,
decadenza, abiezione, o per lo meno diversivo, cecità, effimero oblio di sé; è
l’ideale di un umano-sovrumano benessere e benvolere, un ideale che apparirà
molto spesso disumano, se lo si pone, ad esempio, accanto a tutta la serietà
terrena fino a oggi esistita […] – un ideale con cui, nonostante tutto ciò,
comincia forse per la prima volta la grande serietà, è posto per la prima volta
il vero punto interrogativo, con cui il destino dell’anima ha la sua svolta, la
lancetta si muove, la tragedia comincia…
F. Nietzche La Gaia Scienza – Opere, a cura di G. Colli e M.
Montinari, V, II, 262-263, Adelphi,
Milano