I
meteoriti che hanno colpito la Russia sembrano un messaggio che un Dio stanco
ha pensato di spedire alla sue creature accanite sul contingente.
La piccola
terra tonda è sempre più gremita di esseri umani e delle loro creazioni e
sempre più priva di quello che una volta si chiamava sacro, spirito, religione.
Le dimissioni del papa hanno ufficialmente sancito la stanchezza degli umani,
il loro ripiegarsi sulle piccole vicende del proprio corpo e della propria psiche.
La
pioggia cosmica è sempre in corso. Forse i lunatici, gli ipocondriaci sono
persone colpite da meteoriti invisibili. Ormai il pianeta sembra una vasta
infermeria, un ambulatorio in cui ognuno porta i suoi mali a un medico che non c’è.
La malattia del mondo è aver perso sensibilità all’universo. Abbiamo
dimenticato il mistero in cui siamo immersi, scambiando le misure che prendiamo
alle cose con le cose stesse. Quello che accade nella nostra atmosfera, dalle
campagne elettorali agli uragani, ormai non basta. Abbiamo bisogno d’altro per
rinvigorire il senso della nostra presenza. Possiamo anche riprendere a
produrre e consumare merci, avremo sempre più la sensazione di un gioco
piccolo, asfittico.
Siamo ormai foderati dalla nostra cecità che ci impedisce
di vedere e di sentire la vibrazione che ha acceso la materia e dentro la
materia quel mistero ulteriore che è la coscienza.
I
meteoriti dovrebbero cadere più spesso, squarciare questo lenzuolo di
chiacchiere con cui abbiamo coperto la salma del mondo. Stiamo qui da mezzi
addormentati, abbiamo bisogno di qualcosa che ci svegli. Altro che
cacciabombardieri, dovremmo demolire ogni nascondiglio, ogni prigione. E
dovremmo concordare una tregua alla guerra in atto tra le persone. Non ci prendiamo
in giro. Dopo le guerre tra le tribù, dopo le guerre tra gli Stati, abbiamo
inaugurato le guerre dell’io: ognuno contro tutti nella giostra dell’autismo
corale.
La
pioggia russa è venuta a ricordarci che siamo tutti orfani e senza un tetto.
Siamo la terra, siamo gli affreschi del respiro, non gli stropicciati fantasmi
che portiamo in giro.
Franco
Arminio "la pioggia russa" www.doppiozero.it