domenica 17 aprile 2011

A ciascuno la sua chimera di C. Baudelaire

Sotto un grande cielo grigio, in una grande pianura polverosa, senza sentieri, senza erba, senza un cardo, senza un'ortica, io incontrai diversi uomini che camminavano curvi. Ciascuno di loro portava addosso un'enorme Chimera, che pesava come un sacco di farina o di carbone, o il bagaglio d'un fante romano. La mostruosa bestia non era però un carico inerte; al contrario, avvinghiava e opprimeva l'uomo con i muscoli elastici e possenti; s'aggrappava con le due vaste grinfie al petto della cavalcatura; e la testa favolosa sormontava la fronte dell'uomo, come uno di quegli elmi orrendi con cui gli antichi guerrieri speravano di accrescere il terrore del nemico.

Interrogai uno di quegli uomini, e gli domandai dove andavano a quel modo. Mi rispose che non ne sapeva niente, sia lui che gli altri; ma che chiaramente andavano da qualche parte, perché erano spinti da un invincibile bisogno di camminare. Da notare un fatto curioso: nessuno di quei viandanti aveva l'aria adirata contro la feroce bestia appesa al collo e appiccicata addosso; si potrebbe dire che la considerassero parte di se stessi. Tutti quei visi stanchi e gravi non mostravano alcuna disperazione; sotto la cupola malinconica del cielo, i piedi immersi nella polvere d'un suolo desolato come appunto il cielo, essi procedevano con la fisionomia rassegnata di quelli che sono condannati a sperar sempre.

E il corteo mi passò accanto e dileguò nell'atmosfera all'orizzonte, là dove la tonda superficie del pianeta si sottrae alla curiosità dello sguardo umano. E per qualche istante io mi ostinai a voler capire quel mistero; ma ben presto l'irresistibile Indifferenza piombò su di me, e ne fui oppresso più gravemente che coloro stessi per le schiaccianti Chimere.

(C. Baudelaire, Piccoli Poemi in Prosa, a cura di N. Muschitiello BUR)