martedì 14 dicembre 2010

Pezzettino

Il suo nome era Pezzettino.
Tutti i suoi amici erano grandi e coraggiosi e facevano cose meravigliose. Lui invece era piccolo e di sicuro era un pezzettino di qualcuno pensava, un pezzetto mancante. Molto spesso si chiedeva di chi fosse il pezzettino, e un bel giorno decise di scoprirlo.
“Scusa…”, e chiese allora a Quello-Che-Corre, “per caso sono un tuo pezzettino?” “Come potrei correre se mi mancasse un pezzettino?” rispose Quello-Che–Corre piuttosto sorpreso.
“Sono un tuo pezzettino?” domandò a Quello-Forte, “Potrei essere così forte se mi mancasse un pezzetto?” fu la risposta che ottenne. E quando Quello-Che_Nuota emerse dalle onde, Pezzettino gli rivolse la stessa domanda. “Non potrei nuotare se mi mancasse un pezzettino”, rispose Quello-Che-Nuota rituffandosi sott’acqua.“Ehi, tu lassù!” gridò Pezzettino quando ebbe raggiunto Quello-Che-Vive-Sulle-Montagne “Sono un tuo pezzetto?” Lui scoppiò a ridere: “Potrei arrampicarmi se mi mancasse un pezzetto?” Pezzettino chiese la stessa cosa a Quello-Che-Vola, ma la risposta fu identica.Alla fine, Pezzettino andò da Quello-Saggio che viveva in una grotta . “Per caso, sono un tuo pezzetto?” “Ma io devo essere di qualcuno!” gridò Pezzettino. “Come faccio a scoprirlo?” “Vai all’isola Chi-Sono”, rispose Quello-Saggio. Il giorno dopo, Pezzettino salpò con la sua barchetta.
Dopo un viaggio lungo e burrascoso, arrivò all’isola Chi-Sono. Era stanco e bagnato. Che strano! L’isola era un ammasso di pietre. Non un albero, non un filo d’erba. Ma soprattutto, nessuna creatura vivente.

Pezzettino camminò e camminò, su e giù, finchè esausto, inciampo e cadde…e si ruppe in tante pezzetti.

Quello-Saggio aveva ragione! Pezzettino adesso sapeva che anche lui, come tutti, era fatto di tanti piccoli pezzi. Si ricompose e quando fu sicuro che non mancasse neanche uno dei suoi pezzetti, tornò alla barca. Remò tutta la notte per arrivare a casa prima possibile. Tutti i suoi amici lo stavano aspettando.

“Io sono me stesso”, gridò Pezzettino tutto contento. I suoi amici non erano sicuri di aver capito quello che Pezzettino intendesse dire, però sembrava felice. E così, si sentirono felici anche loro.

domenica 12 dicembre 2010

Nel mondo dei sogni

«Dopo pranzo il nostro maestro di scuola faceva sempre un pisolino» raccontava un discepolo di Soyen Shaku. «Noi bambini gli domandammo perché lo facesse e lui ci rispose: "Vado nel mondo dei sogni a trovare i vecchi saggi, come faceva Confucio". Quando Confucio dormiva, sognava gli antichi saggi e dopo parlava di loro ai suoi seguaci.
«Un giorno c'era un caldo terribile, e alcuni di noi si appisolarono. Il maestro ci rimproverò. "Siamo andati nel mondo dei sogni a trovare gli antichi saggi proprio come faceva Confucio" spiegammo noi. "E che cosa vi hanno detto quei saggi?" volle sapere il maestro. Uno di noi rispose: "Siamo andati nel mondo dei sogni, abbiamo incontrato i saggi e domandato se il nostro maestro andava là tutti i pomeriggi, ma loro ci hanno detto di non averlo mai visto"».
(Tratto da 101 Storie Zen)

giovedì 9 dicembre 2010

Una storia zen

C’era una volta un contadino cinese il cui cavallo era scappato. Tutti i vicini quella sera stessa si recarono da lui per esprimergli il loro  dispiacere: “siamo così addolorati di sentire che il tuo cavallo è fuggito. E’ una cosa terribile”. Il contadino rispose: “Forse.” Il giorno successivo il cavallo tornò portandosi dietro sette cavalli selvaggi, e quella sera tutti i vicini tornarono e dissero: “Ma che fortuna! Guarda come sono cambiate le cose. Ora hai otto cavalli!” Il contadino disse: “Forse.” Il giorno dopo suo figlio cercò di domare uno di quei cavalli per cavalcarlo, ma venne disarcionato e si ruppe una gamba, al che tutti esclamarono:“Oh, poveraccio. Questa e’ una vera disdetta” ma ancora una volta il contadino commentò: “Forse.” Il giorno seguente il consiglio di leva si presentò per arruolare gli uomini nell’esercito, e il figlio venne lasciato a casa per via della gamba rotta. Ancora una volta i vicini si fecero intorno per commentare: ”Non è fantastico?” ma di nuovo il contadino disse: “Forse.”


Il contadino si è mantenuto nel rifiuto di guadagno o di perdita, di vantaggio o di  svantaggio perché, se ben si pensa, non c'è nulla che possieda una caratteristica che sia sempre positiva o sempre negativa

mercoledì 8 dicembre 2010

FilosoFare è partecipare: Spazi dell'anima incontra i cittadini del VIII Municipio


Nell’arco del mese di dicembre 2010, saranno realizzati 2 incontri - il 12 e 19 dicembre – ciascuno della durata di 3 ore, aperti ai cittadini dell’VIII Municipio con la finalità di sperimentare una pratica dialogica (e quindi filosofica) su alcune tematiche ‘calde’, in particolare per i giovani, sulle quali si ritiene significativo far fare una esperienza di riflessione in gruppo e di confronto aperto e rispettoso dell’altro. Una tale esperienza contribuisce ad ampliare i punti di vista dei singoli sia attraverso l’accoglienza di quelli degli altri membri del gruppo stesso, sia mediante la lettura comune di testi accessibili della tradizione filosofica.

Di seguito i titoli e gli argomenti che saranno trattati negli incontri:


12 dicembre 2010 ore 10,00 – 13,00:
Arte di ascoltare e mondi possibili. Quali pratiche per una società giusta?
19 dicembre 2010 ore 10,00 – 13,00:
Troppo stanco per …… Il tempo dell’agire.


La metodogia adottata sarà quella della ‘comunità di ricerca’ che consiste in una discussione approfondita intorno a un tema significativo. Il tema potrà essere deciso in partenza oppure identificato dal gruppo stesso a partire da uno o più stimoli (testi, immagini, scene di film, brani musicali) offerti da un facilitatore.

Gli incontri sono aperti a tutti.

La manifestazione/iniziativa è realizzata con il sostegno dell’Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione di Roma Capitale.

martedì 7 dicembre 2010

Apologia di Socrate

[...] Ecco il motivo per cui la voce del dio non mi ha interdetto e perché io, contro i miei accusatori, contro quelli che mi hanno condannato, non ho alcun rancore, sebbene essi mi abbiano accusato e condannato non con questa intenzione, ma per farmi del male: in questo sono da biasimare. Tuttavia io li voglio pregare di una cosa: quando i miei figli saranno cresciuti, puniteli, cittadini, stategli dietro come io facevo con voi, se vedrete che si preoccupano più delle ricchezze o degli altri beni materiali che della virtù e se si crederanno di valere qualcosa senza valer poi nulla, rimproverateli, come io rimproveravo voi, per ciò che non curano e che, invece, dovrebbero curare, se credono di essere «grandi uomini» e poi non sono niente. Se farete questo, io e i miei figli avremo avuto da voi ciò che è giusto. Ma è giunta, ormai, l'ora di andare, io a morire, voi a vivere. Chi di noi vada a miglior sorte, nessuno lo sa, tranne Dio.

domenica 5 dicembre 2010

La saggezza del mediatore

Viveva in un villaggio un uomo molto povero e devoto, assieme alla madre cieca e a una moglie triste e amareggiata per la mancanza di prole.

Ogni giorno questo uomo pio si alzava all’alba e andava al tempio a chiedere al Signore di far qualcosa per lenire le sofferenze sue e dei suoi cari. Dopo dodici anni di preghiere sentì la voce di Dio: «Esprimi un desiderio e sarà realizzato». «Mi prendi alla sprovvista» rispose il pover’uomo, posso consultarmi con mia madre e mia moglie prima di rispondere? Ottenuto il permesso, corre a casa dove incontra per prima la madre. «Figlio mio, se chiederai al Signore di ridarmi la vista, ti sarò grata e ti benedirò finché vivo». Poi andò dalla moglie, la quale messa al corrente di tutto, esclamò: « Lascia perdere tua madre che è vecchia e destinata a chiudere definitivamente gli occhi nel giro di qualche anno! Quello che devi chiedere è un figlio che un giorno si prenda cura di noi e che ci porti un po’ di fortuna anche economica».

La madre, che stava ascoltando, prese una canna e si mise a picchiare la nuora chiamandola egoista, la moglie reagì e ne nacque un terribile corpo a corpo. Il pover’uomo, sentendosi completamente impotente di fronte a tanta ira, scappò di casa e si recò da un suo conoscente il quale era considerato un mediatore dei conflitti nel villaggio.
«Mia madre vuole la vista, mia moglie un figlio ed io desidero più di tutto un certo benessere economico in modo da non dover pensare ogni giorno se si mangia o no».

L’uomo, dopo un attimo di meditazione, rispose: «Figlio mio, tu non devi scegliere fra le richieste dell’uno o l’altro membro della tua famiglia, sono tutte giuste. Domani mattina devi dire: Oh Signore, non chiedo nulla per me stesso, anche mia moglie non chiede nulla per sé, ma mia madre è vecchia e cieca e il suo ultimo desiderio prima di morire è riuscire a vedere un nipotino sano e vispo, che mangia cibo abbondante da una tazza tutta d’oro.»

Racconto popolare di Trinidad. Tratto da: David W. Augsburger, Conflictand Mediation Across Cultures, Westminster/John Knox Press, Louisville

venerdì 3 dicembre 2010

"Mi ricordo"

L'uomo chiese una volta all'animale: "Perché mi guardi soltanto senza parlarmi della felicità?" L'animale voleva rispondere e dice: "Ciò avviene perché dimentico subito quello che volevo dire" – ma dimenticò subito anche questa risposta e tacque: così l'uomo se ne meravigliò. Ma egli si meravigliò anche di se stesso, di non poter imparare a dimenticare e di essere sempre accanto al passato: per quanto lontano egli vada e per quanto velocemente, la catena lo accompagna. È un prodigio: l'attimo, in un lampo è presente, in un lampo è passato, prima un niente, dopo un niente, ma tuttavia torna come fantasma e turba la pace di un istante successivo. Continuamente si stacca un foglio dal rotolo del tempo, cade, vola via – e improvvisamente rivola indietro, in grembo all'uomo. Allora l'uomo dice "Mi ricordo" (Nietzsche, da Considerazioni inattuali)