La
premessa di base di questo libro è semplice: il sistema capitalista globale si
sta avvicinando a un apocalittico punto zero. I suoi « quattro cavalieri
dell’apocalisse » comprendono la crisi ecologica, le conseguenze della rivoluzione
biogenetica, gli squilibri interni al sistema stesso (problemi con la proprietà
intellettuale; imminenti lotte per materie prime, cibo e acqua), e la crescita esplosiva
delle divisioni ed esclusioni sociali.
Prendiamo
ad esempio in considerazione l’ultimo punto: in nessun luogo le nuove forme di
apartheid sono più palpabili che nei ricchi Stati petroliferi del Medio
Oriente, Kuwait, Arabia Saudita, Dubai. Nascosti ai margini delle città, spesso
letteralmente dietro muri, ci sono decine di migliaia di « invisibili »
lavoratori
immigrati,
che fanno il lavoro sporco, dalla manutenzione alla costruzione, separati dalle
loro famiglie e privati di ogni privilegio.
Una
situazione di questo tipo rappresenta chiaramente un potenziale esplosivo, che
avrebbe dovuto essere convogliato dalla sinistra nella lotta contro lo
sfruttamento e la corruzione, mentre viene oggi sfruttato dai fondamentalisti
religiosi. Uno Stato come l’Arabia Saudita è letteralmente «oltre la
corruzione»: non c’è bisogno di corruzione perché la cricca al potere (la
famiglia reale) possiede già tutta la ricchezza, che può distribuire liberamente
e a suo piacimento. In Stati di questo tipo la sola alternativa alla reazione
fondamentalista sarebbe un tipo di Stato sociale socialdemocratico. Se le cose
continueranno così, possiamo anche solo immaginare il cambiamento nella «
psiche collettiva » occidentale quando (non se,
ma precisamente quando)
qualche gruppo o « nazione canaglia » otterrà un ordigno nucleare, o una
potente arma chimica o biologica, e dichiarerà di essere « irrazionalmente »
pronto a rischiare tutto nell’usarla? Le coordinate più basilari della nostra
percezione dovranno cambiare, in quanto, oggi, viviamo in uno stato di
negazione feticistica collettiva: sappiamo molto bene che a un certo punto
questo accadrà, ma ciononostante non riusciamo a credere veramente che accadrà.
Il tentativo da parte degli Stati Uniti di evitare un tale evento attraverso
una continua attività preventiva è una battaglia persa in partenza: l’idea stessa
che possa aver successo poggia su una visione fantasmatica.
Una
forma più comune di « esclusione inclusiva » sono gli,slum, le baraccopoli,
vaste aree che stanno al di fuori del controllo statale. Mentre sono
generalmente visti come spazi in cui bande e sette religiose si contendono il
controllo, gli slum offrono anche lo spazio per organizzazioni politiche
radicali, come avviene in India, dove il movimento maoista dei naxaliti sta
organizzando un vasto spazio sociale alternativo. Come ha affermato un
funzionario statale indiano:
Il fatto è che se non riesci a
governare un’area, allora quest’area
non è tua. Essa non fa parte
dell’India, salvo sulle mappe. Almeno
la metà dell’India oggi non è
governata. Non è sotto il tuo
controllo [...] c’è bisogno di creare
una società completa in cui
ogni gruppo locale possa riporre
interessi significativi. Non è
quello che stiamo facendo [...] e
questo fornisce ai maoisti spazio
d’azione.
Per
quanto simili segnali della « grande confusione sotto il cielo » abbondino, la
verità fa male, e noi cerchiamo disperatamente di scansarla. Per spiegare come
questo accada, possiamo rivolgerci a una guida inaspettata. La psicologa di
origine svizzera Elisabeth Kübler-Ross ha proposto il celebre schema delle
cinque fasi dell’elaborazione del lutto, conseguente, ad esempio, alla scoperta
di avere una malattia terminale: rifiuto (ci rifiutiamo semplicemente di
accettare il fatto: « Non può succedere, non a me »); collera (che esplode
quando non possiamo più negare il fatto: « Perché succede proprio a me? »);
venire a patti (nella speranza di potere in qualche modo posporre o diminuire
il fatto: « Se potessi almeno vivere fino a vedere la laurea dei miei figli »);
depressione (disinvestimento libidinale: « Sto per morire, e quindi chi se
frega di tutto »); e accettazione («Visto che ormai non lo posso combattere, tanto
vale che mi prepari »). In seguito Kübler-Ross ha utilizzato lo stesso schema
per ogni forma di perdita personale catastrofica (disoccupazione, morte di una
persona cara, divorzio, tossicodipendenza), puntualizzando che le cinque fasi
non procedono necessariamente sempre nello stesso ordine, e che non ogni
paziente le attraversa tutte e cinque.
È
possibile scorgere le stesse cinque figure nel modo in cui la nostra coscienza
sociale prova ad affrontare l’imminente apocalisse. La prima reazione è di
rifiuto ideologico: non c’è alcun disordine essenziale; la seconda è
esemplificata da esplosioni di collera di fronte alle ingiustizie del nuovo
ordine mondiale; la terza comporta dei tentativi di venire a patti (« Se
cambiamo un po’ di cose qua e là, potremmo forse continuare a vivere come prima
»); quando il venire a patti fallisce, arrivano la depressione e la chiusura in
sé stessi; infine, dopo essere passato per questo punto zero, il soggetto non
considera più la situazione come una minaccia, ma come la possibilità di un
nuovo inizio; o, come disse Mao Tse-tung: « Grande è la confusione sotto il
cielo, la situazione è eccellente ».
Slavoj Žižek, Vivere alla fine dei Tempi Ponte alle Grazie (2011) – Dall’introduzione