L’estasi del Tra Noi
È
probabilmente necessario ritornare al mondo dei presocratici, per capire
qualcosa del tra-noi oggi.
Entrare in
quel mondo ha luogo per il tramite di una guida, un maestro.
Egli inizia il discepolo, in un certo modo un figlio, alla verità, alla logica della verità occidentale.
Egli inizia il discepolo, in un certo modo un figlio, alla verità, alla logica della verità occidentale.
Il maestro comincia generalmente il suo insegnamento con le parole: Io dico. Ossia egli pensa che la verità sia garantita dal proprio discorso e che il discepolo debba ripetere lo stesso discorso, affermando: egli dice, o egli ha detto. La verità è dunque trasmessa dal maestro al discepolo, come da un padre a un figlio. La verità è trasmessa tra uomini, secondo un ordine genealogico o gerarchico.
L'oblio
di lei
È noto, come
ricorda per esempio Clémence Ramnoux nel suo lavoro sui presocratici, che
all'origine è una lei - natura, donna o Dea - che ispira la verità a un saggio.
Il maestro però tiene generalmente segreto ciò che ha ricevuto da lei, grazie
al quale, grazie alla quale, ha elaborato il suo discorso. Egli non dice
granché riguardo a questa origine, perché le parole gli mancano o perché vuol
tenerlo per sé - perché non può o non vuole parlare della sua relazione con
lei. Questa relazione rimane quindi nascosta o rimossa dall'insegnamento del
maestro presocratico.
Tuttavia,
alcuni maestri, quali Empedocle o Parmenide, alludono a lei, ciascuno a suo
modo. Anche Platone accenna a lei, almeno quando si tratta dell'amore, della
relazione-tra. Comunque, sono uomini che evocano un'assenza o un assente, un
vuoto o un'eccedenza. Fanno riferimento a qualcosa che è altro rispetto al loro
discorso, a un aldilà per il quale non hanno parole, e soprattutto logica. Un
qualcosa che dissimulano, al quale alludono talvolta in assenza di lei. Un
qualcosa che sarà lasciato al di fuori del logos, nel bene o nel male.
A quel
tempo, la memoria ancora sussiste di un non-detto, di un aldilà nel quale
meraviglia, magia, estasi, crescita e poesia si mescolano, resistendo al nesso
logico che viene imposto alle parole, alle frasi, al mondo. Alcune tracce ne
rimangono, almeno nel discorso di alcuni maestri.
Una sorta di
estasi ancora esiste riguardo a ogni discorso, ogni scambio tra uomini negli
spazi pubblici o in altri cenacoli, luoghi in cui parlano, parlano soltanto fra
loro. Qualcosa rimane che non riescono a esprimere, neppure a sperimentare di
nuovo, perché mancano gesti o parole per dirlo, per trasmetterlo, per produrlo.
Permane solo la memoria di un'esperienza - che a poco a poco sarà cancellata -,
l'esperienza di un meraviglioso, inaccessibile, inesprimibile aldilà. Un aldilà
che nasceva da un incontro con lei - natura, donna o Dea - a proposito del
quale la maggior parte dei maestri non dicono quasi nulla e al quale non
rinviano il discepolo. Il loro insegnamento dovrebbe essere autosufficiente,
staccato da lei come fonte.
Certo non
tutti i maestri sostengono che debba essere così, ma certi tra loro lo fanno.
E, a poco a poco, il loro insegnamento introdurrà il discepolo in un universo
chiuso, parallelo al mondo vivente, al mondo naturale. Tuttavia, per alcuni
maestri - come Empedocle o Parmenide - la totalità del discorso è ancora
misteriosamente fondata a partire da lei - natura, donna o Dea - che rimane
l'inaccessibile cosa dalla quale sorgono le parole e alla quale sono rivolte.
Per altri invece - Eraclito, per esempio - il discorso si richiude su di sé per
mezzo di strategiche opposizioni conflittuali. Ormai diviene possibile che la
conversazione e il dialogo abbiano luogo tra sé e sé, dentro o tra il(i)
medesimo(i), e la verità e il linguaggio comincino a parlare a partire da loro,
su di loro, senza alcuna origine in un altro o senza alcun ritorno ad un altro,
un altro che è all'inizio femminile — natura, donna, Dea. L'uomo si stabilisce
nella sua dimora di linguaggio, staccato dal reale e dall'altro in quanto
reale. Una tautologia di parole, di verità isola i soggetti parlanti — maestro
e discepolo — in un riparo, un universo, una logica che raddoppia ciò che
appartiene alla loro nascita, alla loro crescita, alla loro realtà naturale.
Questo gesto avviene in un modo più segreto e sottile di quello di Prometeo, e
prepara a una morte per soffocamento, spossatezza, isolamento, conflitto e
infine distruzione di lei — natura, donna o Dea. Lei svanisce in una cultura
fondata nel medesimo, al di là della quale si estende e della quale è
testimonianza la nostalgia di alcuni maestri verso un aldilà. Alludono a un
«vuoto», a una «lacuna», tutt'al più a un «Essere» al di là del loro discorso
per coloro che, come Parmenide, ancora si fidano di lei.
Luce Irigaray All'inizio, lei era, Bollati
Boringhieri, Torino, 2013