Cara Elsa Morante,
un mese fa ho letto La
Storia. Ho esitato a scriverLe, non sapendo se Lei ha di me stima umana. Penso
che una lode possa valere solo in questo caso. La stima che io ho di Lei,
persona umana, è molto alta.
Come scrittore, solo poche Sue pagine di scura
bellezza mi erano note. Alla fine ho letto La Storia, e sono andata avanti
tutta la notte, e poi il giorno dopo, e poi un altro giorno. Ero sbalordita. Si
aprivano dovunque i cieli della più grande tradizione italiana.
Con un dolore più
vicino. Dopo il primo giorno mi è accaduto questo: non avevo più memoria di
tutte le cose - anche immense - finora lette. Ancor meno mi ricordavo di me.
Pensavo - seguendo la disperazione senza luce di soccorso della madre di Ida:
qui siamo tutti - è detto tutto. È resa giustizia a tutti noi che fuggiamo. -
Quando dico noi, dico un'umanità, semplicemente. La grazia e purezza del
bambino! Ma Nino, poi, quando torna - morto nel pensiero della madre - e non
vuole morire, è immenso. Qui tornava quella prima sensazione «è stata resa
giustizia».
Voglio ricordare qua e
là, di questo VIVENTE libro, la luce in cui si muove - colorando le strade, la
gioia di Useppe. I piccoli interni familiari. La polvere povera, tutta voci. I
rossi orrori che accadono all'uomo, di epoca in epoca.
Quando il libro è
finito, resta il senso dell'epoca. Siamo un po' cambiati. Della letteratura non
ci ricordiamo, e questo è bene. Ma sì del dolore umano. E questo dolore, che è
intramontabile, diviene l'ombra che va avanti, la musica funebre della gioia
che finì, ma in eterno porrà quesiti alla ragione.
Non so di strutture e
di altro. So di emozioni. Queste sole dicono che in un racconto, o in una
letteratura, è passata la vita. E solo la vita - a umiliazione dei critici - è
forma.
Mille auguri per il
domani! Stia bene!
Sua Anna Maria Ortese
[P. S.] Non ho letto
prima, perché volevo essere sola col mio giudizio. Non le do il mio indirizzo,
perché spero che non mi ringrazi.
Siamo già tanto umiliati da immagine false e scambi di grazie o
inchini. Il mio omaggio a Lei, almeno, sia libero.
Rapallo 12.4.83
Cara Elsa Morante, In Aracoeli, la breve vita di Carina è una
delle pagine più alte della letteratura italiana di ogni tempo. Dissi, ad
amici, quanto questo libro, per me, fosse importante - coraggio e tristezza
così rari in questi anni di nulla - ma dissi soprattutto di quel ritratto: che
per sapienza ricorda - e non a me sola - l'oro di sogno di Las Meninas. La
breve quiete - nel vivere - di Carina, la sua infinita preziosità e dolcezza -
sono davvero cosa immortale.
Sia contenta, dunque,
cara Elsa Morante, di quanto ha avuto in dono - e ancora cerchi, nel suo
giardino, quanto è nascosto. Pazienza, col proprio corpo, e anche con la propria
anima. Vi saranno "risposte", sulla pagina; vi saranno altri doni,
per cui Lei non potrà dire grazie, agli Dei o al Dio della Bellezza, che
ricordando le proprie catene. Allora le saranno meno pesanti.
E poi, non è detto che
non possano allentarsi da sole. Il mondo non è che un grande prodigio. Non
vedere che sia prodigio, non muta la sua natura di fiaba.
Un abbraccio. Un
grazie. Un augurio di gioia
Sua A. Maria Ortese