giovedì 30 gennaio 2014

Due lettere di Anna Maria Ortese a Elsa Morante

 Roma, 16.5.75

Cara Elsa Morante,
un mese fa ho letto La Storia. Ho esitato a scriverLe, non sapendo se Lei ha di me stima umana. Penso che una lode possa valere solo in questo caso. La stima che io ho di Lei, persona umana, è molto alta. 

Come scrittore, solo poche Sue pagine di scura bellezza mi erano note. Alla fine ho letto La Storia, e sono andata avanti tutta la notte, e poi il giorno dopo, e poi un altro giorno. Ero sbalordita. Si aprivano dovunque i cieli della più grande tradizione italiana.

Con un dolore più vicino. Dopo il primo giorno mi è accaduto questo: non avevo più memoria di tutte le cose - anche immense - finora lette. Ancor meno mi ricordavo di me. Pensavo - seguendo la disperazione senza luce di soccorso della madre di Ida: qui siamo tutti - è detto tutto. È resa giustizia a tutti noi che fuggiamo. - Quando dico noi, dico un'umanità, semplicemente. La grazia e purezza del bambino! Ma Nino, poi, quando torna - morto nel pensiero della madre - e non vuole morire, è immenso. Qui tornava quella prima sensazione «è stata resa giustizia».

Voglio ricordare qua e là, di questo VIVENTE libro, la luce in cui si muove - colorando le strade, la gioia di Useppe. I piccoli interni familiari. La polvere povera, tutta voci. I rossi orrori che accadono all'uomo, di epoca in epoca.
Quando il libro è finito, resta il senso dell'epoca. Siamo un po' cambiati. Della letteratura non ci ricordiamo, e questo è bene. Ma sì del dolore umano. E questo dolore, che è intramontabile, diviene l'ombra che va avanti, la musica funebre della gioia che finì, ma in eterno porrà quesiti alla ragione.

Non so di strutture e di altro. So di emozioni. Queste sole dicono che in un racconto, o in una letteratura, è passata la vita. E solo la vita - a umiliazione dei critici - è forma.

Mille auguri per il domani! Stia bene!

Sua Anna Maria Ortese

 [P. S.] Non ho letto prima, perché volevo essere sola col mio giudizio. Non le do il mio indirizzo, perché spero che non mi ringrazi.
Siamo già tanto umiliati da immagine false e scambi di grazie o inchini. Il mio omaggio a Lei, almeno, sia libero.




Rapallo 12.4.83

Cara Elsa Morante, In Aracoeli, la breve vita di Carina è una delle pagine più alte della letteratura italiana di ogni tempo. Dissi, ad amici, quanto questo libro, per me, fosse importante - coraggio e tristezza così rari in questi anni di nulla - ma dissi soprattutto di quel ritratto: che per sapienza ricorda - e non a me sola - l'oro di sogno di Las Meninas. La breve quiete - nel vivere - di Carina, la sua infinita preziosità e dolcezza - sono davvero cosa immortale.

Sia contenta, dunque, cara Elsa Morante, di quanto ha avuto in dono - e ancora cerchi, nel suo giardino, quanto è nascosto. Pazienza, col proprio corpo, e anche con la propria anima. Vi saranno "risposte", sulla pagina; vi saranno altri doni, per cui Lei non potrà dire grazie, agli Dei o al Dio della Bellezza, che ricordando le proprie catene. Allora le saranno meno pesanti.

E poi, non è detto che non possano allentarsi da sole. Il mondo non è che un grande prodigio. Non vedere che sia prodigio, non muta la sua natura di fiaba. 

Un abbraccio. Un grazie. Un augurio di gioia
Sua A. Maria Ortese