mercoledì 23 aprile 2014

Oceano Atlantico


18 GIORNI D'OCEANO. L'oceano è un fatto di immaginazione. Sul mare non si vedono le coste, sul mare le onde sono più numerose di quanto non serva nella vita quotidiana, sul mare non sai cosa ci sia sotto di te.
Ma soltanto l'idea che a destra non c'è terra fino al polo e a sinistra non c'è terra fino al polo, davanti a te c'è un secondo mondo del tutto nuovo e sotto di te, forse, c'è l'Atlantide, ebbene, soltanto quest'idea è l'oceano Atlantico. Calmo, l'oceano è noioso. Per diciotto giorni scivoliamo come una mosca sullo specchio. Solo una volta abbiamo assistito a uno spettacolo ben riuscito, sulla via del ritorno da New York a Le Havre. Un denso acquazzone copriva di schiuma il bianco oceano, striava di bianco il cielo, con fili bianchi cuciva il cielo all'acqua. Dopo è comparso l'arcobaleno. L'arcobaleno si rifletteva e si chiudeva nell'oceano e noi, come acrobati di circo, ci gettavamo nel cerchio iridescente. Poi di nuovo spugne galleggianti, pesciolini volanti, pesciolini voltanti e spugne galleggianti del mar dei Sargassi, e in rare, solenni occasioni, fontane di balene. E sempre, fino alla noia (a volte fino alla nausea), acqua e acqua.

L'oceano stanca, ma quando non c'è ci si annoia.

Dopo, cerchiamo a lungo il fragore dell'onda, il rumore tranquillizzante delle macchine, il tintinnio ritmato delle placche di rame dei boccaporti.

Vladimir Majakovskij, America, Voland, Roma, 2004,